MICHAEL O'BRIEN
E’ il primo atto concreto firmato dal presidente ad interim Juan Guaidò: la Commissione speciale di follow-up per l'aiuto umanitario dell'Assemblea Nazionale (NA) ha riferito questa domenica che questo fine settimana è iniziata la prima di tre spedizioni di assistenza umanitaria al centro di raccolta di Cúcuta, una città al confine con il Venezuela. Attraverso un documento, diffuso su Twitter, si piega che questa prima spedizione ha lo scopo di aiutare i venezuelani più vulnerabili. Inoltre, almeno altre due spedizioni sono già state effettuate in Brasile e nell'altro centro di raccolta. La prima è stata resa possibile grazie al sostegno di Iván Duque, presidente colombiano, del governo degli Stati Uniti e di aziende private venezuelane in Colombia. E’ il banco di prova per l’Esercito che dovrà aprire le frontiere e consentire il transito delle colonne umanitarie. Se non lo farà, le conseguenze potrebbero essere gravisssime. Gli Usa hanno preso atto delle intenzioni di Maduro e non escludono più l’opzione militare, mentre Messico e Uruguay, che hanno ancora contatti con il regimo, auspicano un ruolo di mediatori per avviare trattative tra chavisti e opposizione per gestire una situazione destinata a finire nel peggiore dei modi.
RICONOSCIMENTO UE, ITALIA FUORI
La Commissione ha ribadito la sua richiesta alla Forza armata nazionale bolivariana (FANB) di consentire l'ingresso di medicinali e cibo "conformemente al mandato della Costituzione. Il Parlamento ha approvato in sessione ordinaria l'ingresso degli aiuti umanitari nel paese a causa della carenza di cibo e medicinali che il paese sta attraversando. Nel frattempo è scaduto l’ultimatum della Ue a Maduro affinchè convocasse nuove elezioni presidenziali, lui ha rifiutato e scatterà subito il riconoscimento del nuovo presidente da parte dei Paesi più importanti della Ue. L’Italia grillina è fuori. E se la situazione politica del Venezuela che prima o poi dovrà stabilizzarsi con la scomparsa politica di Maduro, il nostro Paese sarà escluso dalle prospettive di investimenti di sviluppo che si creeranno immediatamente dopo, preceduto da quelle nazioni che hanno avuto, oggi, il coraggio di schierarsi. Ma nell’Italia guidata da un premier ostaggio del suo azionista di maggioranza, il movimento5stelle, non c’è una politica estera coerente e credibile, con un ministro degli Esteri, Moavero, che apprende dai media che l’Italia si ritira dall’Afganistan, restando come basito assieme agli alleati della Coalizione, a loro volta ignarI.
SOSTENITORI MADURO IN GRIGIOVERDE
Maduro offre al mondo le immaginI della mobilitazione pro-regime di sabato ma basta allargare le immagini e nel mare f di rosso spunta il grigio-verde delle divise militari, in larghissima maggioranza. La politica con le forze armate del regime chavista è semplice: affamare il popolo ma non la categoria, l’unica, che può assicurare la sopravvivenza di un governo folle e criminale al tempo stesso, cioè l’Esercito. Prima il generale-presidente Chavez poi il successore ex tranviere hanno lasciato mano libera agli alti ufficiali di organizzare come meglio credevano i loro traffici al confine con la Colombia, mentre i soldati - a differenza dei loro connazionali allo stremo - riescono ancora alimentarsi in modo normale nelle caserme. E non a caso in queste ore il presidente è in una caserma dell’Ovest, circondato da uomini in armi che tentano semplicemente di difendere i loro privilegi. Il fronte si sta però lentamente incrinando. Se è vero che i militari, almeno, mangiano regolarmente non così accade per i loro familiari e le defezioni cominciano ad avidenziarsi, prima fra tutta quella dell’Aviazione.
La comunità italiana, costituita in larga parte da imprenditori, commercianti, operatori turistici, liberi professionisti, attende con ansia la fine del regime, ancora sotto choc per il rifiuto del governo di riconoscere Guaidò: “Il fatto che non ci siano stati gravi incidenti sabato è un buon segno. Maduro ha paura e cerca di evitare altre vittima, oltre ai 70 morti già causati da Esercito e polizia in questi giorni. Fa la voce grossa, come è nello stile dei dittatori, ma ha paura. Noi italiani pretendiamo che il nostro governo ci ascolti, studi le nostre ragioni. Ci stanno distruggendo, stanno distruggendo decenni di lavoro, ci condannano a una miseria mai vista. La dignità è nel lavoro, nel rispetto delle persone, nel credere nel futuro. Ci hanno portato via tutto, in nome di astratti ideali rivoluzionari fermi agli Anni ’60. Ci appelliamo a Conte, si liberi dell’abbraccio mortale dei grillini e faccia il premier di tutti gli italiani, lo siamo anche noi”.