ALBERTO C. FERRO
La sindrome del toy-boy - o della toy-girl - non è una novità, ma il caso di Prato fa discutere. Grandi dive di Hollywood, ma anche italiane, nell’età del tramonto, si affidarono alle cure di robusti e giovani accompagnatori nella veste di autisti, giardinieri, finti manager, segretari e quant’altro. Venivano definite "navi-scuola", ironicamente. Storie nate e finite nel silenzio senza neanche troppo scandalo o celebrate in film cult come "Malizia" con Laura Antonelli. Quel che doveva essere chiaro all’opinione pubblica era che, alla fine, c’era solo un patetico tentativo di mantenere vivo lo spirito della giovinezza che fu. Tutto con un movente rassicurante: i soldi, il benessere, il successo. Ci si orientava verso queste storie, spesso rimbalzate sui rototocalchi, con un sorriso o una battuta. Edith Piaf, l’usignolo di Francia, mise insieme una vera collezione di giovani attori e cantanti come Aznavour o Montand, pugili e body guard giovanissimi. Si dirà: non minorenni. Ma Charlie Chaplin si innamorò di una sedeicenne, idem Mitterand, il presidente francese, da cui ebbe una figlia. Maschi e femmine, sconosciuti e no, cadano spesso nella trappola di amori resi impossibili da enormi differenze d’eta. Ma l’infermiera di Prato, sposata e madre di un 11enne avuto con il marito che l’ha perdonata e la difende, è oggettivamente vista dall’opinione pubblica come una specie di mostro. I commenti sui social, ormai una gigantesca giuria in continuo collegamento, da giorni la bersaglia con giudizi spesso irriferibili. Anche sotto il profilo giuridico, la sua posizione è pesante: atti sessuali con minore e violenza sessuale per induzione. Valgono quasi 10 anni di carcere. Mistero sulle sorti del bimbo frutto della relazione con l’adolescente, figlio di una donna conosciuta in palestra e attirato in trappola con la scusa delle “lezioni di inglese”. Ma lui alla fine s’era stancato di quelle estenuanti maratone sessuali e lei avrebbe minacciato, con messaggi su whatsapp, che se interrompeva la relazione, lei si sarebbe “tolta la vita o avrebbe portato il loro figlio nella palestra che frequenta il ragazzino. "Assomiglia te, ha le tue stesse fossette”, scriveva. E lui: “mi ha rovinato la vita e la carriera di atleta”. La donna è ai domiciliari per “il pericolo di reiterazione del reato e di inquinamento delle prove’. Dopo la denuncia presentata dai genitori del 15enne, il 6 marzo scorso, la 31enne aveva comunque tentato di rientrare in contatto con lui. Si dice innamorata, follemente innamorata e meditava di rifarsi una vita con lui, lasciando il marito e l’altro al suo destino. Ma, divisa tra romanticismo e passione, frequentava anche assiduamente siti con materiale pedopornografico, digitando sui motori di ricerca la parola teen.
Il marito è indagato per alterazione di stato, pur sapendo che il figlio non era suo l’aveva riconosciuto di fronte all’anagrafe. Un falso. "Chi l’ha visto?" Ha diffuso i messaggi contenuti nel decreto d’arresto: “Ti lascio alla tua giovane vita spensierata… è giusto così, ti amerò per sempre, anche quanto non ci sarò più"; “Starai male quando morirò, allora capirai che mi ami”; “Non devi avere paura della differenza d’età”; “Sei la malattia e la cura, se non vieni da me mostro a tutti il bambino”. Dove l’amore si confonde con le minacce e il rimpianto. Lui a volte rispondeva alle sue continue richieste di sesso, con frasi tipo “Va bene, ma non so se riesco, sono stanco”. O altre in cui tentava di sganciarsi da quella donna che lo spiava mentre faceva la doccia in palestra, intrufolandosi negli spogliatoi maschili, con una folle intraprendenza, ben riconosciuta da molti. Ora dice “di essere malata di avere bisogno di aiuto”. I genitori del 15enne si sono costituiti parte civile per il danno subito dal loro ragazzo, tuttora in crisi per quanto è avvenuto, con gravi ripercussioni sulla sua vita sociale e sul rendimento scolastico. Ma la storia non è finita.
Le 175 pagine con i messaggi inviati tra i due testimoniano “il ricatto morale della donna nei confronti del ragazzino”, scrivono i giudici. Ma è anche lo specchio di una disperazione senza requie; “Aiutami se vuoi che viva” e lui “Imparerò ad amarti” oppure uno sbrigativo “io non ti amo”. Reazione: “Mi taglio”. Un patto di ferro, il fulcro è il neonato. Niente foto sui social, niente visite in palestre, silenzio su tutto, in cambio della continuazione della relazione iniziata nel 2013, quasi per caso, durante una lezione d’inglese. Nel 2017 l’infermiera resta incinta e pochi mesi dopo lo informa che il bimbo è suo. Interminabile incubo.