Di Germana Zuffanti
Il 30 marzo (ore 18 a Torino Circolo dei Lettori, Sala Musica) un autore d’eccezione, il poeta e scrittore Flavio Santi, con il suo ultimo lavoro “L’estate non perdona”, la nuova indagine dell’ispettore Furlan (Mondadori, 2017), accompagnato da Enrico Pandiani, anch’egli giallista di origine torinese. Flavio Santi (il cognome originario era Sant: la “i” è stata aggiunta sotto il fascismo per italianizzarlo), laurea in Filologia Medievale e Umanistica e dottorato in Filologia moderna tanto per iniziare, studioso di classici e prodigio poetico ( tra tanti, Mappe del genere umano), romanziere estremo (Aspetta primavera, Lucky), traduttore di grande spessore (ha reso in italiano di tutto, da Herman Melville a Wilbur Smith, da 007 a Melmoth l’errante)nonché accademico, si dà al ‘genere’ ed usa il giallo come arma espressiva potente capace di raccontare luci e ombre del nostro Paese, anche meglio di un reportage giornalistico. La prima indagine (La primavera tarda ad arrivare) toccava la Seconda guerra mondiale, la memoria, la vendetta, dando spazio alla Storia. Questa volta però protagonista è l’Italia ai tempi dell’Isis. In quale espressione letteria si riconosce di più?
In qualità di "canta-storie". Amo raccontare storie. Che poi queste storie vengano calate nel giallo, nel thriller, nel romanzo storico o di denuncia, dipende dai casi, ogni storia richiede un suo modo di essere raccontata. A me spetta capire e "sentire" quale sia il migliore, di volta in volta. Drago Furlan (il protagonista del romanzo) è un ispettore del piccolo commissariato di Cividale del Friuli, al confine con la Slovenia, ex Jugoslavia; un uomo semplice, che si sente felice con gli amici dell’osteria, con il ritmo rassicurante della provincia, in fondo uno di noi. In questa storia è stato messo di fronte ad un problema attuale e assolutamente “fuori “ dal mondo che lo rappresenta, il terrorismo.
Noir e attualità? Una narrazione romanzesca che prenda di petto un problema di attualità come questo non s’era vista ancora in giro…
Amo le sfide. La letteratura diverte, consola, appassiona, ma fa anche riflettere sull'oggi, su quello che sta accadendo intorno a noi. Il Friuli è una terra di confine, per eccellenza, in bilico tra Occidente e Oriente, ideale per raccontare le contraddizioni della nostra società.
Di Lei la critica ha detto “Il dato di fatto è che la patria del ‘genere’ è cambiata: prima abitava in Sicilia, ora dimora in Friuli.” Si riferivano a Cammilleri, uno dei più famosi giallisti italiani ed al suo Montalbano. Anche nel Suo libro sono paesaggi di “nicchia” e figure di contorno degli investigatori, come Perla, la fidanzata di Furlan che un po’ assomiglia a Livia di Montalbano e un po’ a Madame Maigret ed i protagonisti oltre che investigatori sono uomini visti nelle loro passioni e nella loro umanità. Come i libri di Cammilleri anche il suo è un romanzo “seriale”.
“Ogni giallista si deve misurare con Montalbano” ha dichiarato. Cosa ha di diverso questa storia rispetto al classico stile dei gialli? A chi si è ispirato per scrivere? La serialità è un pregio o un difetto?
Rispetto al giallo classico, amo inserire elementi di commedia, quasi di comicità: la provincia italiana è davvero un teatro eccezionale, e a maggior ragione le osterie friulane, dove si può assistere a scene spassosissime - ma anche serissime. Ecco, amo mischiare i registri, alto e basso, tragico e comico. Amo molto il giallista islandese Arnaldur Indridason, penso che ci sia più di un punto in comune tra Friuli e Islanda... La serialità è una tecnica espressiva di per sé neutra, dipende da noi saperla usare bene! La serialità, in fondo, è qualcosa di connaturato al racconto, da sempre: pensiamo a Ulisse, ai personaggi biblici, che passano di storia in storia.