Fu una vita triste, quella di Joseph Carey Merrick, un pover’uomo nato a Leicester, in Inghilterra, nell’agosto del 1862, che quasi nessuno ha mai chiamato per nome. Per tutti, nei soli 28 anni concessi dal destino, fu sempre e solo “The Elephant Man”, l’uono elefante. Merrick divenne una delle più tristi celebrità nell’Inghilterra bacchettona di epoca vittoriana: a soli due anni inizia a sviluppare una deformità che lentamente gli deturpa totalmente il corpo e il viso. Ha un’infanzia infelice e misera, trascorsa lavorando come venditore di lucido da scarpe sulla strada, fra l’ironia e la cattiveria della gente. Per quanto drammatica, trova un piccolo riscatto sociale esibendosi come “fenomeno da baraccone”: migliaia di persone accorrevano da ogni parte per guardare da vicino l’uomo elefante. Quando quel tipo di attrazione viene dichiarata fuori legge Merrick torna a Londra, dove fa amicizia con Frederick Treves, un medico che si occupa del suo caso ed è forse la prima e unica persona in tutta la sua vita a tentare di aiutarlo. Infelice, cerca conforto nella scrittura e chiede di essere portato all’istituto per ciechi, per trovare una donna che non si spaventi vedendolo. Muore nel sonno a causa di un soffocamento: troppo deforme per dormire disteso, era costretto a passare le notti seduto. La sua storia è stata raccontata da David Linch nel 1980 con il film “The Elephant Man”.
Proprio in questi giorni, il nome di Merrick è tornato sulle pagine dei quotidiani, perché a 130 anni dalla morte, sembra che i resti dell’uomo elefante siano stati ritrovati. Lo scheletro, mai classificato, era conservato negli archivi del “Royal London Hospital”. La scoperta è stata fatta da Jo Vigor-Mungovin, autore di un nuovo libro sul caso dell’Elephant Man che per la prima volta mette in relazione il pover’uomo deforme ai delitti di Jack lo Squartatore, avvenuti nel quartiere di Whitechapel, lo stesso in cui viveva Merrick.