Con il passare delle ore, i contorni del passaggio del ciclone “Idai” su tre paesi dell’Africa australe, Mozambico, Malawi e Zimbabwe, assume sempre di più i contorni di un’ecatombe. Secondo il “WFP”, il programma alimentare mondiale dell’ONU, nel suo percorso Idai ha convolto più di 2 milioni di persone, travolgendo ogni cosa si sia trovato davanti. Beira, la seconda città del Mozambico, non esiste più: per la Croce Rossa Internazionale il 90% della città è scomparso. Ovunque case scoperchiate, tralicci elettrici abbattuti, lamiere ovunque, fango, detriti e ospedali in tilt: il blocco operatorio e il reparto neonatale dell’ospedale cittadino sono inagibili, mentre il pronto soccorso è privo di luce, invaso da fango e acqua. L’aria è irrespirabile, ovunque affiorano corpi, con il rischio di epidemie.
Ci sono ancora decine di villaggi impossibili da raggiungere, dove Idai ha colpito con forza e si teme il peggio: le strade interrotte, spazzate via dalla violenza dei ciclone, rendono i collegamenti impossibili.
Per il presidente del Mozambico, Felipe Nyusi, il conto finale potrebbe sfiorare il migliaio di vittime o forse più, mentre è quasi certo il milione e mezzo di sfollati. Un calcolo dei danni è impossibile. Emmerson Mngangagwa, presidente dello Zimbabwe, ha dichiarato lo stato di emergenza.
Il mondo si sta mobilitando, anche se troppo lentamente: un volo del “PAM” è riuscito a portare in Mozambico 20 tonnellate di aiuti alimentari, ma è una goccia nel mare.