Isabel dos Santos ha sempre amato circondarsi di celebrità, e le celebrità di lei, preceduta dalla fama di essere una delle donne più ricche dell’Africa e in ottima posizione anche nel ranking mondiale. Classe 1973, nativa di Baku, Azerbaigian, figlia dell’allora esiliato José Eduardo dos Santos, ex presidente dell’Angola e della campionessa di scacchi azera Tatiana Kukanova: studia nei più prestigiosi college inglesi e pretende un matrimonio da favola per diventare la consorte del ricchissimo collezionista d’arte congolese Sindika Dokolo, un evento costato 4 milioni di dollari e rimasto impresso nell’umile storia dell’Angola.
Per 38 anni, dal 1979 al 2017, il padre di “The Princess”, così la chiamano, ha retto le sorti dei 29 milioni di angolani, rimodernando le istituzioni ma costantemente sospettato dalla comunità internazionale di repressione d e dai pochi oppositori interni di una corruzione spietata e dilagante. È proprio l’arricchimento sospetto della famiglia Dos Santos ad essere finito nel mirino nel “ICIJ”, il consorzio internazionale di giornalismo d’investigazione, in un’inchiesta ribattezzata “Luanda Leaks” pubblicata dal Guardian, Sueddeutsche Zeitung e dalle emittenti NDR e WDR, che ha tentato di fare luce sul viaggio sospetto di alcuni milioni di dollari transitati dall’Angola a Ginevra e Zugo, il paradiso fiscale svizzero.
A emergere nei 700mila file passati al setaccio dai reporter, è stato il nome di Isabel dos Santos, ma soprattutto il suo conto corrente, stimato in 2,1 miliardi di dollari dopo soli 18 mesi passati a dirigere la “Sonangol”, l’azienda petrolifera di Stato. Nel passato della donna, anche mai del tutto chiarito finanziamento del rilancio del marchio di alta gioielleria “de Grisogono” fondato dall’italo-svizzero-siriano Franz Gruosi. Ma non basta, perché la Dos Santos, suo marito e un ristretto gruppo di persone di fiducia nel tempo avrebbero aperto oltre 400 società in un centinaio di paradisi fiscali, in cui far confluire i proventi di commesse pubbliche angolane.
Su Isabel dos Santos, pochi giorni fa il procuratore generale angolano Helder Pitta Groz ha emesso un atto di incriminazione formale per riciclaggio, frode, appropriazione indebita, falsificazione di documenti, nepotismo, malversazione e influenza illegale. A dividere le accuse con Isabel anche Sarju Raikundalia, ex direttore finanziario della Sonangol, Mario Leite da Silva, alto dirigente del “Banco de Fomento Angola” e una terza persona, il responsabile del settore “private banking” della banca portoghese “Eurobic” nonché intestatario del conto della Des Santos, di cui non era stato reso noto il nome, ma che certamente non potrà comparire e neanche chiarire la propria posizione. Poche ore dopo il mandato internazionale, il suo corpo senza vita è stato ritrovato nel garage della sua abitazione di Lisbona. Ufficialmente si è impiccato, ufficiosamente restano nell’aria molti sospetti che sia stato avvicinato al cappio da qualcuno.
Attualmente, Isabel dos Santos si divide fra Londra e Dubai, ma la giustizia angolana ha fatto sapere che “prenderà tutte le misure a disposizione affinché la donna faccia rientro in patria e si sottoponga al giudizio della magistratura”. Lei si è affrettata a negare ogni addebito, aggiungendo che si tratta di una “persecuzione politica”. Nelle stesse ore, a muoversi è stata anche la portoghese “Eurobic”, che ha annunciato l’intenzione della donna di vendere le quote dell’istituto, pari al 43% del valore azionario. Poco tempo prima, i sui conti presso la banca sono stati svuotati: nel giro di una manciata di ore, 52 milioni di euro sono finiti su un conto off-shore.
Nelle carte dell’inchiesta anche il rifiuto di Citigroup, Deutsche Bank e Banco Santander di avere Miss des Santos fra i propri clienti. A proposito: Isabela non è l’unica della famiglia ad avere guai con la giustizia. José Filomeno dos Santos, il fratellastro, è sotto processo per corruzione, mentre la sorellastra lo scorso è stata espulsa dal Parlamento angolano per eccessivo assenteismo.