ALBERTO C. FERRO
Sul profilo Facebook di Tarcisio Bellò, l’alpinista vicentino che ha scelto un muovo modo di fare alpinismo, vicino ad ampiente e popolazioni locali, l’ultimo messaggio prima di essere travolto da una valanga con la sua spedizione in Pakistan. Ci sono feriti e una guida pakistana risulta dispersa. E’ accaduto stamane questa mattina a 5300 metri su un picco minore nella Ishkoman Valley, nel distretto di Ghizer, in Gilgit-Baltistan. Coinvolti quattro italiani e tre pakistani. L’aviazione pakistana ha già fatto una prima ricognizione e ha individuato gli alpinisti, che sembrerebbero feriti. Manca all'appello la guida Imtaiz. Verranno evacuati domani mattina, tempo permettendo, mentre una squadra di soccorritori cerca di raggiungerli da terra.
Ecco l’ultimo messaggio scritto domenica su Facebook.
“Cielo finalmente limpido, temperature basse indice di stabilità. Alloggiati su un ripiano a lato di una gobba glaciale che abbiamo soprannominato il Dromedario per la sua forma, finalmente dopo giorni e giorni di incertezze, di indecisioni e di scelte comunque abbastanza intelligenti che ci hanno portato in alto siamo finalmente rilassati a goderci lo spettacolo delle cime attorno, tra cui a 180 km di distanza Luca ha individuato anche il Nanga Parbat. Abbiamo sciolto tutte le incognite speriamo solo che il tempo ci assista un altro giorno. Stamattina David Imtyaz e io abbiamo battuto traccia fin sotto alla parete del Lions Melvin Jones peak che si presenta fattibile e senza particolari pericoli. A dir la verità non è stato sempre cosi, le abbondanti nevicate ci hanno messo a dura prova sia nell"estenuante fatica di batter traccia, sia nel scegliere orari adatti ad evitare le possibili slavine da insolazione. Un paio di volte abbiamo ripiegato per non rischiare, come ieri che immersi nella nebbia più totale, bianco sotto bianco attorno, ci siamo arresi e lasciato una corda e altre attrezzature tecniche nel ghiacciaio. Due ore dopo è apparso il sole e una enorme slavina ha sepolto le nostre attrezzature coinvolgendo solo in parte la nostra traccia. Segno che avevamo scelto bene il percorso, ma non possiamo permetterci altri errori. Tino è sceso al Campo 1 per recuperare la corda perduta e altre cose utili. Adesso ci aspetta la biscottatura diurna fastidiosa per noi perché in tenda è quasi insopportabile e fuori dopo un po' idem. Però è utile per assestare i pendii e ridurre i pericoli oggettivi. Se domattina permane bel tempo sicuramente proveremo la cima. Imtyaz ha detto ...due anni che proviamo questa montagna e finalmente abbiamo una chance.. l'emozione traspariva dalle sue parole. È già una grande esperienza e conquista per entrambi. Ce la metteremo tutta per riuscire ma questo è Alpinismo con la A maiuscola, saper tracciare una rotta tra mille ostacoli, dove nessuno mai è arrivato prima. Sono orgoglioso per me e per tutta questa incredibile squadra italo pakistana. Felice anche per gli amici del Lions di Montecchio Maggiore che hanno creduto nella nostra iniziativa. Incrociamo le dita. Un saluto a tutti, un abbraccio fortissimo..”. E proprio la guida citata del post sarebbe rimasta vittima della valanga.
Recentemente, in un’intervista a Montagnatv, Bellò aveva spiegato come era cambiato il suo modo di vivere la montagna. Non più concentrato sulla scalate ma sulla conoscenza dell’ambiente e delle popolazioni. “…Abbiamo iniziato nel 2007 con i progetti di aiuto alla popolazione. Il primo intervento ha riguardato la realizzazione di un acquedotto lungo un chilometro in un villaggio nel Nord del Pakistan. Nei due anni successivi l’acqua è poi stata portata in tutte le abitazioni. La cosa importante, che tengo a sottolineare, di questi progetti sta nel fatto che sono attività d’intervento studiate con la gente del posto, volute dalla gente del posto. Non siamo mai andati con l’idea di imporre qualcosa ma sempre con l’idea di sviluppare un’idea condivisa con gli abitanti".
Poi il progetto di realizzare un centro alpinistico ai piedi dei colossi himalyano: “La speranza è quella di far rimanere i giovani nelle valli, di creare delle guide alpine locali, che al momento in Pakistan non esistono. Grazie a queste figure professionali, operanti sulle montagne di casa, si può creare un indotto sul territorio evitando l’abbandono delle aree rurali da parte dei giovani. Se si abbandona un luogo, il futuro di quelle terre è segnato per sempre”.