È una verità ben documentata che ogni anno enormi quantità di plastica finiscano negli oceani inquinando i mari, sporcando le spiagge e mettendo in pericolo la fauna e la flora marina. Una forma di inquinamento inarrestabile riscontrata anche nelle regioni più remote della Terra, come l’Antartide.
Ma si sa relativamente poco sui livelli di plastica che si annidano sui fondali marini. L’inquietante risposta arriva da uno studio dell’agenzia scientifica nazionale australiana CSIRO pubblicato sulla rivista “Frontiers in Marine Science”, che ha fatto luce sul problema più nascosto della plastica, stimando in 14 milioni di tonnellate la presenza di microplastiche sul fondo degli oceani, una quantità 35 volte superiore a quella che si ritiene galleggi in superficie.
Secondo i ricercatori si tratta della prima stima globale delle microplastiche, come sono definite le particelle di materiale plastico ridotte dal mare e dalle correnti in frammenti minuscoli, spesso più piccoli di 5 millimetri.
Utilizzando un sottomarino robotizzato, il team ha raccolto campioni di sedimenti raggiungendo i 3.000 metri di profondità da sei siti del “Great Australian Bight”, 380 km al largo della costa del South Australia.
L’analisi dei 51 campioni prelevati ha evidenziato una media di 1,26 pezzi di microplastica per grammo di sedimento, 25 volte superiore ai precedenti studi realizzati in acque profonde.
Per Justine Barrett, una dei responsabili dello studio, “Anche l’oceano più profondo è ormai coinvolto nel problema dell’inquinamento: i risultati mostrano che le microplastiche affondano sui fondali”.
Per gli scienziati, la plastica “è una delle principali sfide ambientali di questa generazione” e una questione riconosciuta a livello internazionale. La plastica è una forma di inquinamento persistente che danneggia la fauna selvatica e c’è una crescente preoccupazione per i potenziali rischi sulla salute dell’uomo, ma è un problema destinato a peggiorare nei prossimi anni, con l’aumento della produzione e dell’inquinamento.
Uno studio recente ha suggerito che, anche se il mondo coordinasse uno sforzo immediato a livello globale per ridurre il consumo di plastica, si stima che entro il 2040 ci sarebbero ancora 710 milioni di tonnellate di plastica a inquinare l’ambiente.
Fra i più stupiti della ricerca la dottoressa Denise Hardesty: “Siamo rimasti colpiti dalla presenza dalle quantità di microplastica in un luogo così remoto. La nostra ricerca ha scoperto che l’oceano profondo è una sorta di pozzo nero in cui si depositano le schifezze del mondo intero”.
I campioni sono stati prelevati fra marzo e aprile del 2017 in una scala di profondità comprese tra 1.655 e 3.062 metri: i ricercatori hanno poi aumentato i prelievi al largo delle coste australiane per ottenere una stima globale del peso delle microplastiche nei sedimenti in alto mare, raggiungendo la stima di 14,4 milioni di tonnellate: una valutazione considerata prudente per via dell’ubicazione remota e assai lontana dai centri abitati.
Secondo il “World Economic Forum”, circa 150 milioni di tonnellate di plastica galleggiano nei nostri oceani, con altri otto milioni di tonnellate che ogni anno entrano in acqua.
Risultati che mostrano l’urgenza di trovare soluzioni efficaci per fermare l’inquinamento della plastica prima che si impossessi degli oceani. “Questo aiuterà a informare le strategie di gestione dei rifiuti e a creare cambiamenti comportamentali e opportunità per fermare l’accesso della plastica e di altri rifiuti nel nostro ambiente naturale”.