Era stato lo Zar Pietro il Grande, il primo a portare nelle immense stanze dell’Ermitage di San Pietroburgo un gatto - Basilio - trovato nei Paesi Bassi e da quel momento diventato il vero signore del palazzo. E ancora di più, la presenza dei felini si era fatta necessaria quando l’Ermitage è costretto a combattere contro più colonie di topi e ratti che provocano danni e malattie. L’Imperatrice Elisabetta Petrovna ordina l’introduzione di numerosi gatti, mentre Caterina II li promuove addirittura a guardine reali: Da allora, i gatti nell’ex palazzo degli Zar non mancano più: anzi, sono diventati una vera istituzione.
Oggi, i gatti dell’Ermitage, palazzo che ospita una collezione d’arte fra le più importanti al mondo, possono addirittura contare su un piccolo ospedale, un cuoco e un ufficio stampa personale: stimati in 74 unità nel 2013, vivono nei seminterrati e non è raro vederli lungo le gallerie o all’esterno.
Ma oggi, soprattutto, i gatti dell’Ermitage sono diventati gli eredi delle fortune di un anonimo appassionato d’arte francese, che prima di passare a miglior vita, nel proprio testamento ha indicato i felini come destinatari di una somma non meglio specificata, da utilizzare per la loro cura e benessere. A quanto comunicato dalla direzione dell’Ermitage, l’autore del testamento ha diviso la propria eredità in tre quote: una destinata alla famiglia, la seconda ad un’associazione ambientalista francese e una, appunto, all’ufficio che si occupa della gestione dei felini che proteggono la preziosa collezione d’arte dal pericolo dei roditori.
“È un gesto molto generoso: ne siamo venuti conoscenza quando gli esecutori testamentari ci hanno contattati - commenta Mijail Piotrovski, portavoce del museo – al momento, i legali dell’ente museale sono al lavoro per formalizzare i dettagli dell’eredità”.
Il caso ha fatto scattare nella direzione del museo la necessità di creare un canale per facilitare chi in futuro vorrà fare donazioni dirette ai gatti dell’Ermitage.