Le foto delle sue imprese sono diventate virali, trasformando lei stessa nel bersaglio degli animalisti di tutto il mondo, che le augurano di fare la stessa fine delle sue prede. Ma per Tess Tanley, una donna americana appassionata di caccia grossa, sono parole che neanche la sfiorano: “Sono orgogliosa di quel che faccio”. Una delle sue peggiori imprese risale all’estate del 2017 in Sud Africa, quando Tessa ha ucciso di un bellissimo esemplare di giraffa, la cui testa è finita per adornare il salotto di casa sua, insieme ad un gran numero di cuscini realizzati con il manto maculato del povero animale. Foto che hanno suscitato indignazione in tutto il mondo, dopo che Tess ha condiviso gli scatti sui social media, ma che non le hanno fatto cambiare idea. Nel corso di un’intervista, ha dichiarato di essere “prossima a nuovi safari”.
“Il mio è un hobby, qualcosa che adoro fare”, ha affermato sicura, aggiungendo che l’uccisione della giraffa era in realtà autorizzata da un programma di abbattimento selettivo, ideato per gestire la quantità di fauna selvatica in un’area precisa. “Sono orgogliosa di quella giraffa, è uno dei miei trofei preferiti”.
Nessuno rimorso? Le ha chiesto l’intervistatore: “Tutti pensano che la parte più facile sia premere il grilletto. Ma non è così, quella è la parte più difficile. Nei cacciatori c’è un profondo rispetto per l’animale che si sta per abbattere, perché sappiamo cosa sta per capitargli. Ma è la natura: sono qui per noi. Li uccidiamo e li mangiamo da millenni”.
Quando le è stato chiesto perché, se le interessava soprattutto la conservazione, non fosse meglio devolvere del denaro per la protezione degli animali, Talley ha risposto che “preferisco fare quello che amo, piuttosto che dare una somma di denaro e non sapere dove finirà. In più, la conservazione non fa per me: è una scienza difficile ed io non sono una conservatrice, sono una cacciatrice”.
Quando le è stato chiesto della foto trofeo accanto alla giraffa, Talley ha ricordato che “Le foto sono una tradizione dei cacciatori nata molto prima dei social media. Ma dal loro avvento, sono diventate un problema”.