Alla fine, dopo una furia cieca che dura due giorni, a terra resta un vero lago di sangue: è quello di migliaia di animali uccisi nel corso del “Gaghimai”, una festa che si celebra in Nepal ogni cinque anni, considerata la “più grande strage di animali al mondo”, in programma fra il 4 e 5 il dicembre.
Una cerimonia sacrificale del popolo Madheshi che risale a più di 200 anni fa, ogni volta in scena presso il Tempio di Gadhimai, nel distretto di Bara, a circa 160 km da Kathmandu. Ne fanno le spese migliaia di bufali, capre, maiali, polli, galli, anatre e piccioni, uccisi da più di 200 persone armate di spade per la scellerata idea di onorare Gadhimai, la dea della potenza, che secondo la tradizione esaudisce i desideri solo dopo aver ricevuto sangue in abbondanza versato in nome suo. Secondo una stima, 250mila capi nel corso dell’edizione del 2009, scesi a 200mila nel 2014. Un calo che è dovuto alla discesa in campo di decine di associazioni animaliste, che da anni lottano per impedire e boicottare l’appuntamento chiedendo l’intervento delle autorità nepalesi, anche se le autorità religiose della zona hanno accolto solo una parte delle proteste: “Ci limiteremo a rispettare le nostre tradizioni mettendo in pratica i rituali all’interno del templio. Quello che accadrà all’esterno sarà frutto esclusivamente della libera volontà dei fedeli che prendono parte all’evento”.
Nel tempo, il festival ha suscitato le proteste di attivisti come Brigitte Bardot e Maneka Gandhi, che hanno scritto al governo nepalese chiedendo di fermare le uccisioni. Sotto forti pressioni internazionali, le autorità nepalesi hanno istituito posti di blocco fermando carovane di fedeli con numerosi animali al seguito dirette nel distretto di Bara: lo scorso anno la mattanza si è fermata a 30mila capi, ma sempre orribilmente troppi anche secondo “Animal Quality”, l’associazione che ha lanciato una petizione internazionale.
La decisione della Corte Suprema Indiana di non consentire il traffico di bestiame attraverso il confine tra Nepal e India, insieme al lavoro della “Animal Welfare Network Nepal”, aveva alzato la speranza che l’edizione 2019 avrebbe potuto essere la prima senza sacrifici, ma pare non sia così. Dopo il festival, la carne, le ossa e le pelli degli animali sono vendute ad aziende in India e Nepal.