"Emilio Isgrò, artista concettuale esploso nella ribollente Milano degli anni'60 ha impedito di nuovo a Roger Waters di commercializzare il disco/cd di «Is this the Life We Really Want». La copertina dell'ultimo lavoro solista dell'anima prima dei Pink Floyd assomiglierebbe infatti terribilmente alle celebri «Cancellature» di Isgrò, esposte nei musei più celebri del mondo".
Così titolano tutti i quotidiani in questi giorni su una vicenda giusta e ovvia, ma che avrebbe potuto avere un effetto mediatico un po' meno eclatante. Per quanti non sanno neppure chi sia, decidiamo di dare brevi cenni su questo artista esploso con la sua Arte Concettuale già negli anni '60.
Leader di esperienze di poesia visiva e autore di imprevedibili associazioni tese a contestare la presunta autorevolezza della parola. Adopera la cancellatura come strumento per sradicare la comunicazione, da un lato critica al linguaggio e individuazione dei suoi limiti, dall'altro tabula rasa per ricominciare. La cancellatura è la base della sua poetica.
Isgrò cancella, ma nega solo in apparenza, visto che ricerca una più vera realtà, distrugge con segni vistosi voluminosi libri sapienziali, poiché ambisce, con insolenza e umiltà, a riscrivere la storia del mondo.
All'inizio degli anni '70, ci ha conquistato con una suggestiva autocancellazione, un'affermazione di non identità (Dichiaro di non essere Emilio Isgrò), e oggi ritratta, sostituisce alla sparizione un perentorio Dichiaro di essere Emilio Isgrò. "Perdere la propria identità è tanto difficile quanto ritrovarla" egli afferma, alludendo alla potenza del suo cancellare, che porta in sé.
"Dal Romanticismo al Simbolismo, dal Futurismo al Dadaismo – afferma Achille Bonito Oliva -, lo sforzo dell'artista e del poeta è stato costantemente quello di rappresentare l'indicibile, quella complessità sempre più nascosta e silenziosa che abita l'esistenza e in qualche modo la configura. L'arte di Isgrò risponde attraverso la complessità della tecnica e lo sconfinamento interdisciplinare, capaci di restituire quella totalità che l'univocità di un singolo linguaggio difficilmente può dare".
E Roger Waters chi è, forse l'ultimo arrivato dal circo di "Amici" della De Filippi? Magari fun di Arisa e la Tatangelo? Per tutti gli amanti di musica degli anni ‘70/'80, è un'emblema e mitica figura dei Pink Floyd, è di sicuro un divo pari ad un Chris Martin dei Coldplay dei giorni nostri. Ma essere una Rockstar non ti da diritto di fare quel che ti pare. Poco crediamo alla buona fede vedendo la copertina del suo ultimo lavoro. È palesemente simile ad un'opera di Isgrò!
Condividendo parte di uno scritto di Sgarbi (che in questa vicenda è il perito che assiste Waters) "Sarebbe un bellissimo omaggio che rende merito al lavoro di Isgrò….." (il resto della frase lo depenniamo). Sgarbi infatti da brillante ed intelligente critico d'arte qual'è, se non fosse per la sua irruenza nei fatti di interesse generale che non concernono la sua materia principe, ed il suo continuo passare da una sponda ad un'altra, tra politica ed ideologie, sarebbe potuto essere sicuramente il degno erede di un grandissimo Federico Zeri (che tanto ci manca) per dare un po' di lustro ai critici italiani che sono ormai in disuso per il resto del mondo.
Si infatti, proprio Sgarbi che tanto ha ben parlato proprio di tutti gli artisti siciliani, Isgrò compreso, nel suo scritto "Cent'anni di sicilitudine", dove racconta l'imponente contributo dato all'arte nei secoli da artisti nati in quell'isola, oggi sminuisce un'artista che a prescindere dal suo mercato un po' sbiadito, ha comunque lasciato un segno nella storia dell'Arte Concettuale (che piaccia o no) a partire dagli albori, con frasi del tipo "Isgrò sta approfittando della popolarità di Waters, querelandolo, per rinverdire la sua, evidentemente un po' in calo". Abbiamo letto queste note con stupore. Non è che per caso la Sony, con i suoi discreti capitali, che oltre tutto produce Waters, c'entra qualcosa in tutto questo? "A pensar male si fa peccato, ma quasi sempre ci si azzecca" disse il mitico Giulio Andreotti.
Fatto sta che entrambi (Waters-Isgrò) potevano gestire diversamente la situazione, sarebbe stato più semplice un banale accordo sui diritti d'immagine che permettono ad entrambi di guadagnare del denaro. Avrebbe spinto ben oltre la loro popolarità, accomunando anche in questo caso l'arte.
Per ora la prima battaglia l'ha vinta Emilio Isgrò, vedremo chi vincerà l'appello.
Ma non pensate anche voi che in tutta questa diatriba alla fine non ci sarà solo un vincitore ma bensì un grande perdente? Si alla fine di tutta questa caciara da mercatino napoletano, chi avrà perso sarà solo l'arte.