Denise Ho è una star: 12 album in studio, 16 film, 3 serie tv e 8 tour trionfali lo dimostrano, ma per il governo cinese è semplicemente una spina nel fianco. Nata nel maggio del 1977 a Hong Kong, figlia di due insegnanti, a 11 si trasferisce con la famiglia a Montreal, in Canada, dove completa gli studi. Tornata a Hong Kong, si iscrive ad un talent che stravince per il talento, il look e il coraggio di dichiararsi omosessuale. Sotto l’ala di Anita Mui, considerata la Madonna d’oriente, Denise Ho diventa un simbolo della comunità LGBT e una voce rumorosa nelle proteste che infiammano Hong Kong, la città-stato alle prese con il governo cinese, che vorrebbe inquadrarla come il resto del paese non considerarla più un’eccezione.
Denise Ho tutto questo l’ha detto qualche ora fa a Ginevra, davanti alla Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite a Ginevra, accusando Pechino di aver rinnegato gli impegni assunti nel 1997, quando ha riavuto il controllo di Hong Kong. “La Dichiarazione di Vienna garantisce la democrazia e i diritti umani. Eppure, a Hong Kong, tutto questi è oggetto di attacchi e soprusi gravissimi”, ha tuonato nel breve discorso pronunciato all’organismo delle Nazioni Unite.
A impedirle di proseguire, interrompendola più volte, è stata la delegazione cinese sollevando altrettante accuse nei confronti di Denise Ho: primo, aver violato i regolamenti dell’ONU riferendosi a Hong Kong come un paese a sé stante piuttosto che una parte della Cina.
Imperterrita, Ho ha concluso il suo discorso chiedendo alle Nazioni Unite di convocare una sessione urgente per “proteggere il popolo di Hong Kong” e rimuovere la Cina dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite.
I suoi concittadini, da settimane protestano contro una legge controversa che potrebbe mettere chiunque a rischio di estradizione verso la Cina continentale. Settimane di proteste, alcune molto violente, che hanno costretto la governatrice Carrie Lam a sospendere il disegno di legge dichiarandolo al momento “lettera morta”. Una retromarcia che non è bastata ai manifestanti, che non hanno alcuna intenzione di mollare fino a quando sul provvedimento non sarà emessa la revoca definitiva, con l’aggiunta delle dimissioni della governatrice.
“Il popolo di Hong Kong ne ha abbastanza di un governo che non ascolta”, ha commentato Denise Ho in un’intervista alla TV svizzera poco dopo il suo discorso. “La legge sull’estradizione è solo un aspetto di quel che sta accadendo in questi ultimi 10-15 anni, periodo in cui abbiamo visto tutte le libertà e i diritti umani violati dal governo di Hong Kong e dal governo cinese che lo manovra”.