L’agenzia di stampa ufficiale dell’Arabia Saudita ha annunciato che 37 persone sono state giustiziate in diverse zone del paese: “La pena di morte è stata applicata ad alcuni criminali accusati di aver adottato ideologie terroristiche estremiste e formato cellule terroristiche per attentare alla sicurezza e diffondere il caos”. Uno dei condannati sarebbe stato crocifisso, gli altri decapitati.
Si tratta di una delle più grandi esecuzioni di massa dopo quella del gennaio 2016, quando 47 persone furono messe a morte, tra cui il leader sciita Nimr al-Nimr. Nel 2015, quando il principe Mohammed bin Salman è apparso per la prima volta sulla scena politica del regno, è in corso un’aspra repressione verso gli oppositori. La pena di morte in Arabia Saudita, come prescritto dalla Sharia, è prevista per diversi reati: omicidio, stupro, rapina a mano armata, traffico di droga, stregoneria, adulterio, sodomia, omosessualità, sabotaggio e apostasia (la rinuncia alla religione islamica). Secondo la legge, la pena si applica attraverso impiccagione, lapidazione e decapitazione, che resta il sistema più utilizzato.