Alex Txikon, con gli alpinisti Ignacio De Zuloaga, Felix Criado e Josep Sanchis ha scoperto i corpi di Daniele Nardi e Tom Ballard. Aver rinunciato alla salita al k2 di inverno, preparata per mesi, non gli pesa. "Prima vengono loro, ritenteremo...", racconta in un'intervista alla Gazzett.it. Uccisi, probabilmente, da una tempesta di vento, con le temperature spaventose del Nanga in inverno - Simone More disse che, durante la salita del 2016 il termometro di notte si era fermato a - 57 gradi - che potrebbero averli resi inerti in poco tempo, mentre stavano allestendo le corde doppie per scendere, precipitando nel vuoto anche se per pochi metri. Morti per ipotermia. "Siamo sereni per il lavoro svolto, era come cercare un ago in un pagliaio. Così, le famiglie, ora potranno elaborare il lutto...". "Il 5 marzo, esplorando la parete con il binocolo, - ha detto alla Gazzetta.it - avevo visto qualcosa. Dopo aver parlato col fratello di Daniele, Claudio Legrand Nardi, il 6 siamo andati alla via Kinshofer, al mattino molto presto e scendendo li abbiamo visti. La prima cosa che ho fatto è stato localizzarli. Li abbiamo visti molto chiaramente, intorno ai 6000 metri. Eravamo in 12 al campo base e tutti abbiamo certificato che Tom e Daniele stavano mettendo le corde fisse. Credo sia prematuro parlare di quanto è successo, ma nell’ultima conversazione, il 24 sera, Daniele aveva detto che faceva molto freddo e c’erano folate di vento molto forti. Avevano attrezzato fino a 6300 metri e stavano per scendere a campo 4 per riposare e passare la notte. Nella discesa il vento deve averli presi e a quell’ora, complici la grande stanchezza e le condizioni così avverse, la situazione deve essere diventata una trappola mortale...sapevamo che era difficile trovarli in vita e quindi in realtà eravamo lì per fornire informazioni. Era come trovare un ago in un pagliaio. Perciò eravamo soddisfatti, ma nello stesso sono stati momenti complicati, emozioni difficile da assimilare. Sia per le circostanze in cui si trovano i corpi, sia per il dover dare la notizia alle famiglie. Molto difficile parlare con chi in quelle ore stava soffrendo. Dover trasmettere la realtà e la crudezza delle immagini. Non è stato per niente facile, soprattutto avendo scalato con Daniele e sapendo che aveva tutta la vita davanti ed era appena diventato padre. Tom era ancora più giovane. E poi stare al campo base smontando le loro tende, avendo cura delle loro cose, che ancora sono con noi qui a Skardu… Quindi ti passano tante cose per la testa... per qualche momento ho pensato che potessere essere vivi, perché si tratta di alpinisti forti e soprattutto esperti. Daniele è stato 5 volte allo Sperone. Sono d’accordo con Claudio: mi ha detto che Daniele gli ripeteva che, una volta arrivati al campo 3, la via era sicura. Ci sono canaloni dove non c’è il pericolo di valanghe". E Nardi?"Mi sono venuti in mente molti ricordi di quando abbiamo scalato insieme. Soprattutto ho pensato alla spedizione invernale del 2015-16. Ma ancora più a quella dell’anno prima. A marzo del 2015 siamo arrivati vicinissimi alla cima del Nanga, noi insieme a Muhammad Ali. Se quell’anno ce l’avessimo fatta, forse non sarebbe successo niente: né la salita dell’anno dopo, né staremmo dove siamo e non parleremmo di quello che ci stiamo dicendo. Sono molto triste per la famiglia di Daniele e nel pensare a Tom, che ha sua madre sul K2 e ora lui è qui sul Nanga Parbat.