Pochi, in Occidente, sapevano addirittura dell’esistenza di Wuhan, la città cinese da cui si sarebbe diffuso il virus che ha messo in ginocchio il pianeta. Il capoluogo della provincia di Hubei, 11 milioni di abitanti, centro accademico di eccellenza e capolinea della ferrovia ad alta velocità che la collega a Canton, era una metropoli industriale che da tempo tentava di aprirsi al turismo internazionale. Si parla al passato perché la fama di città “appestata” ha per forza di cose rovinato i piani di rilancio.
Ma adesso tutto è diverso: da mesi, la metropoli è uscita dall’incubo e i casi di infezione si contano ormai sulle dita di una mano, tenuti sotto così stretta sorveglianza da non lasciare più spazio al peggio.
Un risultato che ha convinto il ministero del turismo a lanciare un’operazione per rilanciare l’immagine della città nel mondo che parte da una clip pubblicitaria dal titolo inequivocabile: “Incontriamoci a Wuhan”.
Nel video si vedono persone dall’aria rilassata assai e tutti rigorosamente senza mascherina, a sottolineare che il pericolo è cessato. Un messaggio che coincide con i reportage che negli ultimi tempi mostrano una città tornata alla vita normale dopo le terribili immagini dei mesi scorsi, con gli abitanti reclusi nelle loro abitazioni tra il 23 gennaio e l’8 aprile e le strade avvolte dalle nuvole degli igienizzanti.
Un ricordo sa cancellare: ormai, i locali sono regolarmente aperti fino a tarda sera, così come le discoteche, le strutture sportive e tutti i luoghi di assembramento come i musei e i siti turistici, aperti gratuitamente per invogliare la gente a tornare alla normalità. Restano quarantamila bandiere cinesi esposte per le strade, per omaggiare i 40mila fra medici e infermieri che hanno pagato con la vita la battaglia contro il virus.
Una normalità si dice espressamente ordinata da Pechino, ansiosa di dimostrare la potenza del proprio sistema sanitario e pronta a dichiarare Wuhan “città martire”, simbolo della guerra combattuta contro il nemico invisibile del virus.
Un’immagine fin troppo idilliaca che alza un sospetto strisciante di cui si parla da mesi: la Cina avrebbe trovato un proprio vaccino, tenuto segreto come tutto il resto dall’inizio di questa storia.