di Marco Belletti
A volte (chiedere agli ingegneri per averne conferma), un numero spiega un concetto più di molte parole. È il caso del valore del “Glass-Ceiling Index” che indica il gap tra stipendi maschili e femminili e secondo il quale in Italia è del 10%, rispetto al 14 della media OCSE, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, organismo internazionale di studi economici di cui fanno parte i Paesi sviluppati con in comune un’economia di mercato. Nella particolare classifica delle differenze di trattamento tra uomini e donne l’Italia è undicesima al mondo, a pari merito con il Canada. Forse non sarebbe neppure il caso di ricordarlo, ma ai primi posti svettano i Paesi dell’Europa del Nord (Svezia, Norvegia, Islanda e Finlandia), cui seguono Francia, Belgio, Danimarca, Portogallo, Ungheria e Polonia.
L’indice deve il suo nome all’espressione “glass ceiling”, cioé soffitto di vetro. È un modo di dire che indica le situazioni per cui gli avanzamenti di carriera, o il raggiungimento della parità di diritti, vengono impediti per discriminazioni, in prevalenza di carattere razziale o sessuale. Ora il termine indica soprattutto gli ostacoli che categorie sociali come disabili, anziani e minoranze razziali o sessuali incontrano nel corso delle loro carriere.
Il Glass-Ceiling Index - calcolato su base 100 - è stato stilato per la prima volta dalla rivista “The Economist” l’8 marzo 2013 per valutare le pari opportunità in 29 Paesi del mondo (sostanzialmente le nazioni aderenti all’OCSE) e si basa sulla performance di dieci indicatori che comprendono il livello di istruzione, la retribuzione e la presenza in posti di lavoro di alto livello.
L’Italia nel 2018 ha ottenuto un valore di 68 su 100 (in netto miglioramento rispetto al 2017, quando si era classificata 17° con un indice di 60) e supera Svizzera (48), Regno Unito (51), Paesi Bassi (52), Germania (56), Stati Uniti (58), fino ad arrivare alle nazioni peggiori, come Giappone (30) e Corea del Sud (24).
Sono passati davvero tanti anni da quando, nel 1908, circa 15 mila donne scioperarono a New York richiedendo l’aumento dei salari, orari ridotti e migliori condizioni di lavoro. Ma ancora oggi, le lavoratrici continuano di fatto a inseguire gli stessi obiettivi. Certo, rispetto alla protesta di oltre un secolo fa - che contribuì alla nascita della festa dell’8 marzo - le condizioni di lavoro sono infinitamente migliorate ma, nei Paesi più industrializzati, il divario retributivo medio per le donne che lavorano a tempo pieno è ancora - come visto - intorno al 14% rispetto agli uomini.
E, come se non bastasse, ulteriori recenti dati elaborati dall’Economist dimostrano che negli ultimi anni il miglioramento si è arrestato, dopo decenni di progressi.
Molte delle misure associate alla parità di trattamento sul lavoro - tra cui la retribuzione, l’anzianità e la scelta di entrare nel mondo del lavoro - rimangono relativamente stabili, mentre la quota femminile nei consigli di amministrazione è leggermente aumentata, ma la percentuale di donne con queste cariche è veramente ridottissima.
Circoscrivendo l’indagine all’Italia, l’Università Popolare delle Discipline Analogiche (UPDA) “Stefano Benemeglio”, ha rielaborato i dati dell’indice dell’Economist specificamente per il nostro Paese. È così nato il Glass-Ceiling Index UPDA, dal quale emerge che sono ancora numerose le differenze tra regione e regione, soprattutto tra Nord e Sud.
Trentino Alto Adige (89 su 100), Valle d’Aosta (88), Lombardia (87), Veneto (85), Marche (83), Friuli Venezia Giulia (81), Emilia Romagna e Piemonte (entrambe a 80) e Lazio (78) sono le regioni migliori, nettamente al di sopra della media nazionale, che si è attestata a 68 su 100. Fanalini di coda della classifica, con valori decisamente inferiori alla media complessiva, Puglia (43 su 100), Calabria (40) e Sicilia (38).
Circoscrivendo il calcolo alle città, Roma ha un indice di 80 su 100, superiore a quello ottenuto da Milano (78).
Tornando all’elaborazione dei dati a livello mondiale, gli studi dimostrano che quando sono i neo-padri a usufruire del congedo parentale, è decisamente più facile per le madri reinserirsi nel mercato del lavoro e pertanto l’occupazione femminile è più alta con un minore divario di reddito tra uomini e donne.