Era un italiano in America, e un americano in Italia: la penna sottile e spesso ironica di Vittorio Zucconi sapeva poggiarsi sui limiti del paese in cui era nato - Bastiglia, nel modenese - e anche in quello in cui dal 1985 aveva scelto di vivere, gli Stati Uniti, a Washington. In mezzo, Vittorio Zucconi aveva messo insieme una carriera di prim’ordine da giornalista, opinionista e scrittore, iniziata seguendo le orme di Guglielmo, il padre, direttore della “Domenica del Corriere” e de “Il Giorno”, ma anche deputato nelle file della Democrazia Cristiana.
Dalla bassa emiliana la famiglia Zucconi si era trasferita a Milano, dove Vittorio inizia a poggiare la sua penna sulle pagine de “La Zanzara”, giornalino del Liceo Parini, insieme a Walter Tobagi, collega e amico che anni dopo sarebbe caduto sotto i colpi delle Brigate Rosse. La laurea in lettere, con una tesi sui movimenti anarchici italiani, gli apre le porte alla “nera” del quotidiano “La Notte”: nel 1969 lo vuole “La Stampa”, è lo stesso anno in cui sposa Alisa Tibaldi, da cui avrà due figli, Chiara e Guido, e più tardi sei nipoti. È l’inizio di una straordinaria carriera da corrispondente che lo porterà in giro per il mondo: Bruxelles, Mosca, Washington, Parigi, il Giappone. È lui a far scoppiare lo scandalo “Lockeed”, quello degli aerei C130 venduti all’Italia dietro un giro di tangenti che costringe alle dimissioni il presidente Giovanni Leone.
Direttore delle pagine web del quotidiano “la Repubblica” fino al 2015, ha diretto per tre anni la redazione dell’emittente “Radio Capital”, andando in onda due volte al giorno con le sue rubriche taglienti. È stato proprio il quotidiano “La Repubblica”, quello a cui era rimasto più legato, a dare la notizia: Vittorio Zucconi è morto a Washington, dopo una lunga malattia. Aveva 74 anni e ancora tanta voglia di raccontare questo mondo.