Charlotte Haze, per tutti “Lolita”, era diventata l’ossessione del professor Humber Humbert: giovane, candida e conturbante, con lo sguardo seminascosto dagli occhiali a cuore e il lecca lecca in bocca. È il ruolo che aveva dato fama e notorietà a Sue Lyon, insieme a James Mason e Shelley Winters la giovanissima protagonista di “Lolita”, il film scandalo di Stanley Kubrick nel 1962, tratto dal romanzo dello scrittore russo Vladimir Nabokov che le aveva fatto guadagnare il Golden Globe come miglior attrice esordiente e la nomination all’Oscar. Quando il film uscì Sue era così giovane che, secondo le leggi americane, non aveva potuto neanche partecipare alla prima del film, vietato ai minori di 16 anni.
Aveva 14 anni quando Kubrick e Nabokov l’avevano scelta fra 800 aspiranti attrici: arrivava da piccoli ruoli in serie televisive, e se “Lolita” le regala la possibilità di una carriera nel mondo del cinema, dall’altra la chiude in una gabbia fatta di ruoli simili in cui doveva apparire sempre giovane, conturbante e tentatrice. Sue ci riprova due anni dopo ne “La notte dell’Iguana”, di John Houston, cui seguono “Missione in Manciuria” (1966), di John Ford, “L’investigatore” di Gordon Douglas (1967) e “Carta che vince, carta che perde” (1967). Ma gli anni dell’adolescenza passano veloci e il successo anche: nel mondo del cinema Sue Lyon resta un ricordo e una foto, quella della ninfetta di Kubrick, e poco altro. Alla fine, dopo piccole parti in produzioni minori, Sue si era stancata e aveva rinunciato a tutto. Della sua vita da quel momento non si sa molto: si sposa per cinque volte, e sono tutti matrimoni turbolenti, finendo per tirare a campare lavorando come commessa e cameriera.
Ed è ancora una volta per quell’unico sprazzo di celebrità della sua esistenza, “Lolita”, se Sue Lyon torna a fare notizia anche oggi, quando un’amica ha rivelato che si è spenta il giorno di Santo Stefano a 73 anni a Los Angeles: lottava da tempo contro un brutto male, l’unico commento.
Era nata a Davenport, nell’Iowa, nel luglio del 1946, ultima di cinque figli rimasti ben presto senza padre: spinta da necessità economiche, la famiglia si era trasferita a Los Angeles sperando che la bellezza prorompente di Sue potesse cambiare il destino. Era andata così: la giovane Sue si era avvicinata al mondo dello spettacolo posando per il catalogo di “J.C. Penny”, un grande magazzino. E il resto l’aveva fatto quel quarto d’ora di celebrità.