I “biopic” nel mondo del cinema si sono sempre fatti, solo che un tempo non si chiamavano così. Il termine arriva dal tamponamento di due parole inglesi, “biographic” e “picture”. Gli esempi da citare davvero tanti, qualcuno riuscito altri meno: “Gandhi”, nel 1982 interpretato da un magistrale Ben Kingsley, “Ray” (2004), la vita del grande Ray Charles, affidata a Jamie Foxx, Meryl Streep che nel 2011 diventa Margaret Thatcher in “The Iron Lady” e Rami Malek, fresco vincitore dell’Oscar per l’interpretazione di Freddie Mercury in “Bohemian Rhapsody”.
Ed è proprio l’insperato successo del film dedicato al leggendario frontman dei “Queen”, che ha focalizzato agli strateghi di Hollywood un teorema che sembra infallibile: bene o male, sono tanti i grandi nomi del rock e del pop ad aver ormai raggiunto l’eternità. E chi è ancora da queste parti ha comunque un’età sufficientemente alta da poter essere raccontata.
A marzo, per l’esattezza il 22, su “Netflix” arriva “Mötley Crüe: the Dirt”, la celebrazione della band heavy metal americana nata a Los Angeles nel 1981. Padri del “glam metal”, si sono meritati la fama non solo per la musica, ma anche per una vita piena di vizi, eccessiva e trasgressiva. Il film si ispira all’omonimo libro di memorie uscito nel 2007.
Ma uno fra i più attesi è senz’altro “Stardust”, il biopic dedicato al “Duca Bianco” David Bowie, ormai prossimo alle riprese malgrado la mancata approvazione della famiglia. Ambientato nel 1971, l’anno del viaggio negli Stati Uniti che darà a Bowie l’idea del suo personaggio “Ziggy Stardust”, il film avrà come protagonista Johnny Flynn e vuole essere un omaggio a talento infinito di David Robert Jones (il suo vero nome), artista considerato una delle figure più influenti nel pop e nel rock degli ultimi cinquant’anni.
È invece un’eccezione “Rocketman”, il biopic dedicato a Elton John, in realtà ancora in vita. Interpretato da Taron Egerton e diretto da Dexter Fletcher, si concentra sulla trasformazione del timido Reginald Kenneth Dwight, un ragazzo della middle-class inglese, a superstar internazionale. Il film racconta gli inizi per niente facili e l’incontro con il paroliere Bernie Taupin, arrivando fino agli anni Ottanta, il decennio di cui Elton John è stato una vera icona pop.
Parte da una tragedia “Street Survivors: the true story of the Lynyrd Skynyrd”, pellicola incentrata sull’incidente aereo del 20 ottobre 1977, quando un charter che portava la band ad un concerto a Baton Rouge, si schianta in una palude del Mississippi. Muoiono il chitarrista e cantante Steve Gaines, la sorella Cassie, corista, il cantante Ronnie Van Zant, il pilota e il copilota. Gli altri componenti riportano ferite gravi rischiando l’amputazione degli arti. Il titolo del film è lo stesso dell’album che era uscito pochi giorni prima della tragedia.
Il 28 giugno arriverà nelle sale americane “Yesterday”, l’ennesimo film dedicato ai mitologici “Beatles”. Diretto da Danny Boyle, è in realtà un fantafilm distopico in cui il protagonista, Himesh Patel, un aspirante musicista, dopo un incidente si sveglia in un mondo in black out in cui la leggenda dei “Fab Four” è stata rimossa. L’unico in circolazione a ricordare John, Paul, George e Ringo è proprio lui. Nel film anche Ed Sheeran.
Sarà Renée Zellweger, la Bridget Jones cinematografica, a interpretare Judy Garland, la grande artista americana interprete del “Mago di Oz” e madre di Liza Minnelli, nelle ultime apparizioni pubbliche della sua carriera: i concerti sold-out tenuti a Londra alla fine degli anni Sessanta. Sullo sfondo di “Judy” si dipana anche l’infanzia triste e girovaga della Garland, una vita trascinata sotto i riflettori che le ha tolto la fanciullezza, i problemi di salute e depressione e la morte, che sarebbe arrivata il 22 giugno del 1969, a 46 anni, per un’assunzione di barbiturici ufficialmente considerata “accidentale”.