Dopo 36 lunghissimi anni, l’assassino di Jonelle Matthews ha un nome e un volto: si chiama Steve Dana Pankey, 69 anni oggi, 33 nel 1984, quando ha ucciso la piccola Jonelle. A lui la polizia è arrivata grazie alle nuove tecniche forensi dopo il ritrovamento, un anno fa, dei poveri resti della ragazzina da parte di alcuni operai che lavoravano intorno ad un giacimento di petrolio nelle campagne di Weld, a poca distanza dalla casa dei Matthews.
All’epoca, quello di Jonelle Matthews, era diventato un caso fra i più mediatici e seguiti: Jonelle, una tranquilla dodicenne che viveva a Greeley, in Colorado, era scomparsa nel nulla il 20 dicembre 1984 da casa sua, dopo essersi esibita alla recita di Natale nella scuola che frequentava. Perfino l’allora presidente Reagan aveva lanciato un appello per chiedere il rilascio della ragazzina, ma il passare del tempo e l’assoluta mancanza di prove e indizi fanno scivolare la scomparsa di Jonelle verso uno dei tanti “cold case” americani. Una parte dell’opinione pubblica resta fermamente convinta che della vicenda siano responsabili Jim e Gloria Matthews, genitori adottivi della ragazzina, ma ancora una volta non c’è alcuna prova che punti verso di loro.
La svolta è arrivata in queste ore, con l’arresto di Steve Pankey, decisamente clamoroso perché si tratta dell’ex pastore della chiesa frequentata dai Matthews, a poco più di due km dalla loro abitazione.
Fra il 1973 ed il 1977, Pankey viveva a Greeley, dove rimedia numerosi guai con la giustizia: una donna di 23 anni lo accusa di stupro, ma lui si difende dicendo che si era trattato di un rapporto consensuale. Malgrado il precedente, Pankey viene nominato ministro della “Sunny View Church of the Nazarene” della cittadina del Colorado, e nel giro di vent’anni mette insieme altre 20 accuse di violenza e altrettanti processi, da cui riesce sempre a uscirne senza provare l’ebrezza della galera. Nel 1987, tre anni dopo la scomparsa di Jonelle, lascia il Colorado per rifarsi una vita nell’Idaho, dove nel 2014 e nel 2018 si candida come governatore dello Stato, senza mai riuscirci.