Gli ambientalisti alzano l’allarme: fra le specie a rischio coronavirus potrebbe esserci il gorilla di montagna africano, già minacciato dall’estinzione. Attualmente un migliaio di esemplari vivono in aree protette in Congo, Uganda e Ruanda, paesi per i quali il turismo è un’importante voce dell’economia. Ma il parco nazionale congolese “Virunga”, che ospita circa un terzo dei gorilla di montagna del mondo, ha chiuso l’ingresso ai visitatori fino al 1° giugno, accogliendo “il parere di esperti che indicano i primati soggetti a complicazioni derivanti dal virus COVID-19”. Anche il vicino Ruanda ha chiuso le attività turistiche e di ricerca in tre parchi nazionali che ospitano primati come gorilla e scimpanzé.
Secondo il “World Wide Fund for Nature”, i gorilla di montagna sono soggetti ad alcune malattie respiratorie che affliggono l’uomo, ma per uccidere un esemplare adulto può essere sufficiente un comune raffreddore, e questo è uno dei motivi per cui i turisti non sono mai autorizzati ad avvicinarsi troppo.
Paula Kahumbu, amministratore delegato del gruppo di conservazione “WildlifeDirect”, con sede in Kenya, ha affermato che “bisogna fare ogni sforzo possibile per proteggere i gorilla di montagna, perché sono pochi quelli rimasti allo stato brado. Sappiamo che sono molto sensibili alle malattie umane, e con il coronavirus - che ha un lungo tempo di assenza di sintomi - significa che potremmo effettivamente mettere a rischio la specie”.
Eppure, avvertono gli esperti, le misure in atto potrebbero non essere sufficienti a proteggerli: la conservazionista ugandese Gladys Kalema-Zikusoka ha pubblicato uno studio dimostrandone la scarsa efficacia: “La regola dei 7 metri di distanza è stata infranta il 98% delle volte, ma la cosa curiosa è che il 60% delle volte a infrangerla sono stati i turisti e il restante 40% i gorilla. Se non si può evitare una stretta interazione, una misura che potrebbe migliorare la sicurezza è l’obbligo per i turisti di indossare sempre le mascherine”.
La popolazione dei gorilla di montagna della regione ha subito un forte calo nel secolo scorso a causa del bracconaggio e delle malattie. Dal 1996 i gorilla di montagna sono inseriti fra le specie in via di estinzione, anche se il loro numero è ora considerato in crescita grazie agli sforzi di conservazione. Ma ci sono ancora perdite: alcuni esemplari muoiono per cause naturali, cadono dagli alberi o vengono uccisi nei furiosi combattimenti tra maschi per il territorio o per il dominio. In Ruanda, dove il turismo è la principale fonte di introito, le entrate sono fondamentali per proteggere i gorilla di montagna, poiché le autorità possono utilizzare parte del denaro per aiutare le comunità locali e investire in attività anti-bracconaggio. “Penso che questo situazione potrebbe avere un impatto negativo: meno soldi significa meno controlli, e questo potrebbe alimentare il ritorno dei bracconieri”.