Come potrebbe accadere a Trump dall’altra parte dell’oceano, anche all’altrettanto biondo Boris Johnson la pandemia potrebbe costare molto cara. Da più parti è accusato di aver sottostimato i pericoli per la popolazione, e perfino di voler calmierare gli sforzi di contenimento di Scozia e Irlanda. Meglio tardi che mai, il premier ha presieduto il comitato di emergenza “Cobra” per studiare la tattiche del Regno Unito, passate dal “contenere” l’epidemia al “ritardare” un’inevitabile diffusione.
Il numero di casi nel Regno Unito iniziano a parlare chiaro: in meno di 24 ore 130 contagi e 10 morti in più, con gli esperti che si preparano ad affrontare le conseguenze quando la stragrande maggioranza della popolazione finirà per infettarsi e rallentare l’epidemia sarà fondamentale per evitare che il servizio sanitario nazionale collassi, come sta accadendo in Italia.
L’approccio è in netto contrasto con paesi come l’Irlanda, che questa mattina ha annunciato che chiuderà tutte le scuole e i college e vieterà gli incontri di massa. Al primo segno di scissione all’interno del Regno Unito, anche la Sturgeon ha dichiarato che la Scozia cancellerà gli eventi con più di 500 persone a partire dall’inizio della prossima settimana.
Johnson sembra invece determinato a dare una risposta limitata, chiedendo a chi accusa raffreddore e un po’ di febbre di isolarsi in autoquarantena. Una leggerezza contro cui ha tuonato l’ex ministro del Gabinetto Rory Stewart, che ha ricordato al premier “che senza un’azione rapida e incisiva, entro i prossimi 24 giorni nel Regno Unito potrebbero esserci 100mila casi. Dovremmo mostrare un po’ di umiltà, imparare dagli altri e agire subito”.
Per combattere quella che ora è ufficialmente una pandemia globale, il governo ha stanziato 5 miliardi di sterline, mentre migliaia di aziende saranno obbligate a ferie forzate per scongiurare il rischio di bancarotta.