Davanti agli occhi del mondo, a Wuhan la vita ricomincia: i primi negozi riaprono, la gente inizia a girare per strada, perfino i treni lentamente tornano a collegare la città epicentro del coronavirus con il resto del mondo. I fortunati in possesso di un certificato sanitario “verde” - negative ai test - sono state autorizzate a lasciare la provincia dalla mezzanotte del 25 marzo. Ufficialmente, la città ha pagato il pesante tributo di 3.200 morti su 81mila infezioni. Ma a crederci sono in pochi, a cominciare dagli abitanti stessi della metropoli cinese. “Caixin”, uno dei pochi quotidiani cinesi non controllato dallo Stato, ha pubblicato le immagini di migliaia di urne cinerarie disposte all’interno di un magazzino, poco dopo caricate su un tir. Non è che la conferma del sospetto che circola da settimane sui social e fra la gente di Wuhan: se ogni giorno circa 500 con le ceneri vengono riconsegnate alle famiglie, il numero più attendibile dei morti potrebbe facilmente sfiorare quota 40mila, confermando l’incapacità della Cina di essere trasparente anche di fronte alla peggiore delle emergenze.
“Sono cifre finte, create ad arte: sappiamo bene che i forni crematori hanno lavorato 24 ore su 24 per settimane”, commenta uno dei residenti sui social.
Una fonte vicina alle autorità della provincia di Hubei ha ammesso che molti dei residenti sono morti per strada, nei market e nelle loro case senza ricevere alcun supporto medico e neanche una diagnosi ufficiale. Vittime fuori dalle statistiche ufficiale, che nessuno saprà mai se uccise o meno dal coronavirus.