Non è una bella notizia, quella divulgata da un’autorevole ricerca scientifica illustrata alla Casa Bianca: la ricerca dimostra che il coronavirus si diffonde non solo attraverso tosse e starnuti, ma anche parlando e respirando: “I risultati degli studi sono coerenti con l’aerosolizzazione del virus”, ha spiegato in una nota il dottor Harvey Fineberg, presidente di un comitato scientifico della “National Academy of Sciences”. “Questa lettera risponde alla domanda sulla possibilità che il virus possa essere diffuso anche attraverso la semplice conversazione, oltre alle microgocce prodotte da tosse e starnuti”.
Secondo i centri per il controllo e la prevenzione delle malattie, il virus si diffonde quando le persone si trovano a circa due metri di distanza l’una dall’altra “attraverso goccioline respiratorie prodotte quando una persona infetta tossisce o starnutisce, ma la ricerca mostra che anche le goccioline aerosolizzate prodotte parlando o forse anche solo respirando possono avere lo stesso effetto”.
Alcune ricerche condotte in un ospedale in Cina dimostrano che il virus può restare sospeso in aria perfino quando medici e infermieri rimuovono l’equipaggiamento protettivo dei pazienti in arrivo. Una teoria confermata anche da una ricerca dell’Università del Nebraska secondo cui del materiale genetico del virus è stato trovato a più di un metro e mezzo di distanza dai loro letti, facendo temere che particelle aerosolizzate possano restare in aria per lungo tempo. Quanto dipende da diversi fattori, tra cui la quantità di microgoccioline che un individuo infetto emette quando respira o parla, e anche dalla quantità di circolazione dell’aria: “Se si genera un effetto aerosol senza circolazione e ricambio dell’aria in una stanza, è concepibile che il virus resti sospeso anche per ore, ma se questo accade all’aperto, è molto probabile che l’aria lo disperderà”.