Inizia nel peggiore dei modi, la tanto sospirata missione del team inviato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità in Cina, per indagare sulle cause del virus che ha messo in ginocchio il pianeta.
A due membri del team, che ha raggiunto la città di Wuhan – considerata l’epicentro del Covid-19 – le autorità cinesi hanno vietato l’ingresso perché risultati positivi ai controlli durante lo scalo a Singapore, malgrado
L’OMS avesse certificato che al momento della partenza il gruppo era risultato negativo. Gli altri 13 componenti della delegazione saranno obbligati a due settimane di completo isolamento, anche se hanno annunciato l’intenzione di iniziare “immediatamente” il loro compito.
Alla delegazione dell’OMS è stato concesso l’ingresso in Cina ad un anno e 2 milioni di morti dopo l’inizio della pandemia: è la conclusione di mesi di trattative per consentire alla delegazione di esperti di fare finalmente chiarezza sui motivi scatenanti del virus e ricostruire con la massima accuratezza possibile quanto è accaduto, senza tralasciare il momento del passaggio del virus all’uomo.
Più che per addossare le colpe alla Cina, in lavoro del team è considerato fondamentale per poter prevenire casi futuri e prepararsi nel caso accada di nuovo. Per arrivare al risultato, l’OMS ha dovuto rinunciare ad un’indagine indipendente, accettando l’idea che la squadra sia costantemente seguita da funzionari sanitari cinesi. E malgrado il programma di lavoro non sia stato reso noto, appare assai improbabile che la squadra possa arrivare a monte della questione.
Il team si fermerà fra le quattro e le cinque settimane, e le autorità cinesi tendono a sminuire la missione, preferendo parlare di “scambio di opinioni fra scienziati ed esperti sulla cooperazione scientifica” e tentando di allontanare le eventuali colpe e mancanze citando un’origine del problema che “dovrebbe coinvolgere più paesi”. Secondo la propaganda cinese, il virus sarebbe stato addirittura “importato”, secondo una corrente di pensiero addirittura dall’Italia.