La spasmodica corsa ai vaccini, business planetario senza precedenti, ha già fatto una vittima eccellente: la gente. Troppa fretta, troppe pressioni politiche, troppi interessi e troppi incidenti di percorso continuano a limare le speranze del mondo intero intorno ad un dubbio: e se non fosse sicuro?
Il timore di essere dichiarati immuni al Covid-19 ma di sviluppare altre malattie, magari nel tempo, serpeggia così tanto da arrivare nelle orecchie delle industrie farmaceutiche impegnate nella ricerca.
È questo, il motivo che ha spinto “Moderna” e la “Pfizer”, la prima azienda biotecnologica del Massachusetts, la seconda un colosso farmaceutico americano, a rendere di dominio pubblico il protocollo sperimentale che stanno conducendo su 30mila (Moderna) e 44mila pazienti (Pfizer), puntando ad un vaccino che abbia un’efficacia contro il virus almeno pari al 60%. “Vogliamo assicurarci che le persone, in generale, abbiano fiducia nei vaccini, essendo il più trasparenti possibili”.
L’annuncio di voler rendere pubblico il protocollo – assai insolito - è stato dato da Moderna durante l’assemblea degli azionisti, rivelando che attualmente sono 25.296 le persone sottoposte a sperimentazione sulle 30mila previste: a regime, 15mila riceveranno due dosi di vaccino ad un paio di settimane di distanza, e l’altra metà il placebo, senza che i medici sappiano quali dei due è stato inoculato. I volontari sono tenuti sotto controllo periodico per verificare l’insorgere di problemi e reazioni, per adesso contenute in qualche linea di febbre, un lieve mal di testa e dolore nella zona nell’iniezione che scompare nel giro di poco.
L’efficacia del vaccino sarà raggiunta quando solo quando lo 0,75% di chi ha ricevuto il placebo e lo 0,30% dei vaccinati svilupperà l’infezione. A monitorare l’efficacia dei dati è un gruppo di esperti che ha stabilito due diversi step: il primo dopo aver raggiunto 53 infezioni e il secondo a quota 106 casi. L’analisi finale è prevista dopo 151 casi.
Secondo l’a.d. di Moderna Stephen Bancel, le previsioni più probabili indicano che il vaccino possa dare dati preliminari sull’efficacia entro il prossimo novembre. Il che sembra coincidere con le previsioni del direttore del “Centers for Disease Control”, convinto che il vaccino non potrà essere disponibile su larga scala prima dell’estate del 2021. Affermazione prontamente smentita da Donald Trump, convinto che l’attesa si limiti a poche settimane, quasi certamente magari prima del 3 novembre, non a caso giorno delle presidenziali americane.
La scelta di svelare i protocolli sta costringendo alla trasparenza anche le altre industrie farmaceutiche impegnate nella ricerca: la “Johnson&Johnson” ha annunciato le prime informazioni a fine settembre, dopo l’avvio della fase di sperimentazione, mentre a giorni si attendono i dati di “AstraZeneca”.