Via al processo nel villaggio dove Silvia Romano, la cooperante italiana rapita il 20 novembre 2018, Ca hakama a 80 chilometri da Malindi in Kenya. I magistrati keniani, infatti, hanno portato i due appartenenti alla banda dei rapitori, rei confessi e arrestati il 26 dicembre, nel villaggio dove hanno allestito il tribunale in un’aula della scuola elementare di Chakama, per ascoltare i testimoni. Un gesto simbolico, segno di attenzione da parte delle autorità locali.
Noi di ISM, come per tutti i nostri connazionali dispersi nel mondo, non la dimentichiamo.
I due accusati hanno collaborato con la polizia kenyana, le loro informazioni sono ritenute credibili: Silvia Romano era viva fino a dopo Natale ma poi è stata “venduta” a un altro racket. Il magistrato vuole sentire tutti i testimoni, compresi i feriti dai primi colpi di AK 47, esplosi dal gruppo di incappucciati, un attimo prima del rapimento di Silvia. Poi il processo proseguirà nella corte di Malindi oggi e il 30 luglio. Una nota d’ottimismo. I media locali affermano che le indagini “hanno preso un nuovo slancio” ma mancano altri dettagli. Cinque degli otto elementi della banda di sequestratori sono ancora latitanti compreso il somalo trovato in possesso di una delle armi utilizzate in quel blitz in cui rimasero feriti anche due minori. Anche costui collabora.
Paolo Dall'Oglio
PAOLO DELL’OGLIO SPARITO IN SIRIA
"Sono sei anni che non siamo riusciti a sapere nulla, è vero che è stato rapito in una zona di guerra ma alcune zone sono state ormai liberate dal novembre 2017”. Francesca Dall'Oglio, sorella di padre Paolo Dall’Oglio, è disperata: "Le ultime notizie? Noi non abbiamo nessuna conferma, né vivo, né morto. Si poteva fare molto di più e vorremmo anche capire il giallo della sua valigia ritrovata col portafogli. Nel 2013 l'Isis non era ancora nato, forse ci si poteva andare a Raqqah a sapere qualcosa, ora è occupata dai nostri alleati della Nato, ma a noi solo rassicurazioni verbali che si sta lavorando per arrivare a una verità. Siamo rientrati in possesso dei beni personali di Paolo, una piccola valigia che ha lasciato a Raqqah, solo nel 2018, quando era in possesso degli investigatori in Italia dal luglio 2014. Ci siamo arrivati da soli, bastava che ci dicessero che qualcosa di Paolo c'era in Italia. Che cosa c'era dentro? Il suo zucchetto, il suo portafoglio, qualcosa che ha potuto vedere la sua mamma e i suoi fratelli". Strano in nel papa che ha scritto al presidente siriano Assad sulla situazione umanitaria di Idlib si affrontano i casi dei prigionieri politici, e la vicenda del fratello: "Non sappiamo, la lettera del Papa per noi è un appiglio, una speranza”.

LUCA E EDITH, MISTERO IN BURKINA FASO
«Luca, figlio carissimo, in viaggio di piacere e di lavoro, rapito in Burkina Faso. Proprio in quel Paese africano poverissimo avevamo inviato qualche anno fa strumenti e attrezzature per la coltivazione. Mi si è fermata la vita: un’angoscia non descrivibile». Nunzio, il papà del 30enne Luca Tacchetto, sparito nel nulla tra il 15 e il 16 dicembre, ha scritto una commovente lettera al figlio in cui ammette per la prima volta che Luca è stato rapito. Il governo del Paese africano, al centro di un conflitto con bande di terroristi islamici, nega che le condizioni si sicurezza siano “gravi" e minimizza l’episodio. “I due occidentali potrebbero essere rimasti vittima di un incidente nella giungla o di rapinatori isolati, la nostra polizia non ha mai smesso di indagare”, spiega un portavoce del governo. Luca e la fidanzata canadese Edith avevano trascorso una serata con una coppia di francesi, avevano l’idea di vendere la vecchissima auto con cui stavano affrontando il viaggio dall’Italia, sino alla sede di una ONG ma sono spariti nel nulla poche ore dopo, forse all’interno di un parco nazionale che avevano annunciato di volere visitare. Un viaggio avventura finito in tragedia, probabilmente.