Le cronache lo descrivono come un uomo distinto, elegante, lontano anni luce dal look rude e un po’ vaccaro dei narcotrafficanti sudamericani. Ma dietro un’immagine raffinata, Ramon Cristobal Santoyo, 43 anni, nasconde un ruolo di primo piano nel traffico mondiale della droga: stretto collaboratore di “El Chapo” Guzmán, l’ex signore del cartello messicano di Sinaloa ormai destinato a concludere il suo passaggio terreno in una cella americana, per la giustizia americana è colui che ne ha preso il posto, continuando a inondare gli Stati Uniti di cocaina, eroina e metanfetamina. Erano i suoi compiti anche all’interno dell’organizzazione di El Chapo, compreso assicurarsi il ritorno del denaro delle vendite verso il Messico.
Santoyo è considerato un uomo spregiudicato e furbo: nel 2015, uno dei suoi uomini era stato fermato al confine con la California mentre trasportava 11 milioni di dollari in contanti. Per risolvere la questione, Santoyo avrebbe tentato di corrompere gli agenti con l’offerta di 100 kg di cocaina.
Soprannominato “dottor Wagner”, Ramon Cristobal Santoyo è stato arrestato nei giorni scorsi all’aeroporto di Fiumicino su segnalazione della “DEA” (Drug Enforcement Administration), che gli dava la caccia dal 2016, quando un mandato di cattura internazionale gli aveva complicato un po’ la vita e gli spostamenti. È stato localizzato nella sala d’attesa dell’aeroporto romano, dov’era in procinto di imbarcarsi per un volo diretto a Città del Messico con scalo a Parigi.
Immediatamente, gli Stati Uniti ne hanno richiesto l’estradizione: lo attende un processo davanti alla corte californiana per traffico internazionale di sostanze stupefacenti e riciclaggio di denaro. Tocca alla corte d’appello di Roma valutare la richiesta, passando poi la decisione al ministro della giustizia Alfonso Bonafede.