
La sentenza del 3 maggio 2011 conferma la condanna all’ergastolo per i coniugi Romano, con isolamento diurno per tre anni pronunciata il 26 novembre 2008 dalla Corte d’Assise di Como e ribadita il 20 aprile 2010 dalla Corte d’Assise di Milano.
Nel 2013, il pool difensivo di Rosa e Olindo ha presentato la richiesta di revisione del processo, sulla base di alcune affermazioni di Azouz Marzouk, padre e marito delle vittime, che dal giorno successivo alla sentenza continua a ripetere di ritenere i coniugi Romano innocenti, malgrado loro stessi abbiano confessato gli omicidi.
Parole che Marzouk ha ripetuto con più forza nelle scorse ore, firmando un sollecito per le revisione del processo spiegato nei dettagli in una nuova intervista concessa a “Telelombardia” in cui assicura di sapere chi è il vero autore del caso di cronaca nera dell’11 dicembre 2006, chiamato “la strage di Erba”.
“So chi ha ucciso mia moglie e mio figlio: è una persona che conosco, Rosa e Olindo non c’entrano - afferma Azouz Marzouk - sono convinto che esiste un’altra storia. Anche le carte dicono chi è stato: la pista della ‘ndrangheta non c’entra niente, quella è una teoria che hanno voluto tirare fuori: i veri responsabili sono entrati a processo come testimoni. Ci sono tante telecamere lì vicino alla piazza, ma non ne hanno tirata fuori neanche una. Tutti questi elementi non vi fanno pensare a nulla? Per me confermano la mia tesi... so chi è andato... Chi è... So chi aveva interesse ad ammazzare mio figlio e mia moglie”.
Nei mesi scorsi, la difesa dei coniugi Romano ha chiesto l’accesso ad alcune prove raccolte sulla scena del delitto che non sarebbero mai state analizzate: un accendino, un mazzo di chiavi e dei peli ritrovati nell’appartamento della strage.
Azouz Marzouk, che oggi è tornato in Marocco, dove gestisce un mini-market, è pronto a testimoniare in aula, chiedendo che sia ascoltata anche sua madre Souad Ferchici, che afferma di aver ricevuto la misteriosa visita di uno sconosciuto secondo cui Rosa e Olindo erano innocenti. La difesa chiede anche di riascoltare le audizioni e le intercettazioni ambientali e telefoniche, il materiale fotografico e la testimonianza di un extracomunitario senza fissa dimora che sarebbe stato nei pressi dell’abitazione di via Diaz 25 mentre avveniva il massacro. Perfino sul dettaglio che Rosa e Olindo si siano dichiarati colpevoli, la difesa è convinta che si tratti di autocalunnia, un gesto che avrebbe dato vita a quella che è definita una “frode processuale” che ha inficiato il processo. Rosa Bazzi è rinchiusa nel carcere di Bollate, Olindo Romano in quello di Opera.