Dopo otto anni di fuga attraverso l’Europa, facendosi beffa di controlli e polizie, è finita la latitanza di Xavier Dupont de Ligonnès, meglio conosciuto come “il mostro di Nantes”. L’uomo, accusato di aver ucciso e fatto a pezzi la moglie e i 4 figli nel 2011, è stato arrestato nel tardo pomeriggio di ieri all’aeroporto di Glasgow, in Scozia. Era appena sceso da un volo proveniente dall’aeroporto di Parigi Roissy-Charles de Gaulle: viaggiava con documenti falsi, è stato riconosciuto grazie alle impronte digitali. Secondo alcuni media francesi, a tradirlo sarebbe stata una segnalazione anonima: l'uomo era già stato individuato poco prima della partenza, ma la polizia non era riuscita a bloccarlo.
Si conclude così uno dei casi di cronaca più efferati degli ultimi anni, che aveva indignato la Francia e non solo per la crudeltà con cui era stato commesso. Tutto inizia nell’aprile del 2011, quando i sei membri della famiglia Dupont de Ligonnès, svaniscono nel nulla. La polizia sospetta una strage e concentra le ricerche nella villetta in cui viveva la famiglia, al numero 55 di Boulevard Robert-Schuman, a Nantes. Sospetti che trovano fondamento il 21 aprile, pochi giorni dopo la scomparsa, quando i corpi di Agnès, la moglie, di Arthur, Thomas, Anne e Benoit, i quattro figli, e i loro due cani Labrador, sono ritrovati sepolti sotto la terrazza della villetta. L’autopsia sui poveri resti accerterà che ad ucciderli è stato un colpo alla testa esploso con una carabina. All’appello mancava solo Xavier Dupont de Ligonnès, classe 1961, discendente di un’antica dinastia nobiliare francese: all’apparenza un padre famiglia modello che in vita sua apre e chiude società di scarso successo, preferendo immolare il proprio tempo con diverse amanti, con cui dilapida il denaro di famiglia. Le indagini portano a scoprire il passato dell’uomo, che a qualche settomana dal massacro aveva lasciato commenti deliranti su un forum di fanatismo religioso. Pochi giorni prima di mettere in atto la strage, scrive diverse lettere per giustificare l’assenza della famiglia: sul suo conto afferma di essere un “agente sotto copertura che lavorava per conto degli Stati Uniti e doveva far ritorno in America per testimoniare ad un processo per droga, accompagnato dal programma di protezione dei testimoni”.
Qualcosa di strano emerge anche sul conto di Agnès, bidella in una scuola privata a assidua frequentatrice della parrocchia locale, ma anche di siti per incontri. I figli, Arthur, 20 anni, figlio di Agnès adottato da Xavier, era un brillante studente di ingegneria informatica, ucciso con due colpi alla testa. Anche a Thomas, di 18, studente e appassionato di musica, il padre riserva due proiettili alla testa. Anne, 16 anni, tranquilla studentessa di scienze, anche lei uccisa con due colpi alla testa, e Benoît, 13 anni, il più piccolo e il più birbante dei quattro: chierichetto, era molto popolare fra le ragazzine della sua scuola. Per lui tre colpi alla testa e due al petto.
Pochi giorni dopo la macabra scoperta, l’auto di Dupont de Ligonnès viene ritrovata al Frejus, e per lungo tempo si sospetta che avesse trovato rifugio in Italia. Malgrado il mandato di cattura internazionale di lui si perde ogni traccia, così tanto da instillare il sospetto che abbia scelto di togliersi la vita. Negli anni, sulle scrivanie della brigata criminale che lo cerca senza sosta, si accumulano oltre 900 segnalazioni di gente convinta di averlo visto in Austria, Italia e Corsica.