È sempre stata una vita travagliata, quella di Chelsea Manning, l’ex analista dell’intelligence americana nata Bradley Edward, diventata la fonte principale di “WikiLeaks”: arrestata e accusata di gravissimi reati contro la sicurezza nazionale, è stata scarcerata dopo 7 anni e 4 mesi per la grazia concessa dall’ex presidente Barack Obama. Ma i suoi conti con la giustizia non erano finiti: nel maggio dello scorso anno è tornata dietro le sbarre per il rifiuto di testimoniare davanti al Grand Jury, e domani sarebbe dovuta comparire davanti alla corte federale di Alexandria, in Virginia, per rispondere di oltraggio alla giustizia.
Poche ore fa, la squadra di legali che la difende ha rivelato che Chelsea ha tentato il suicidio in carcere e si trova in ospedale, dove sarebbe fuori pericolo. Uno dei motivi pare che la Manning sia “determinata al rifiuto di comparire in un processo a porte chiuse che considera ad alto rischio di abuso”.