L’adolescente, che al telefono si era descritta come “un’anima bella”, aveva contattato “ChildLine”, l’equivalente del Telefono Arruzzo inglese, per confidarsi. Nel chiuso della sua cameretta, circondata da peluche e poster di cantanti, aveva confessato ad una voce gentile di essere depressa e che da tempo aveva pensieri ricorrenti sul suicidio.
L’operatore ChildLine sapeva solo che si chiamava Jesse e viveva con la famiglia a Scarborough, nel North Yorkshire. Ma quando la linea è caduta, interrompendo bruscamente la conversazione, l’operatrice era così preoccupata che dopo essersi consultata con i superiori ha deciso di contattare la “National Crime Agency”, chiedendo loro di rintracciare l’indirizzo IP del suo computer e inviando loro anche una trascrizione della conversazione con Jesse, trasmessa per conoscenza ad un operatore della zona, specializzato nel supporto psicologico adolescenziale.
All’1:30 del mattino, James Dunn, agente della North Yorkshire Police, bussa alla porta di casa Walker e chiede di Jesse: la madre gli risponde che sta dormendo. Un rapido controllo di persona, per capire che la ragazza non fosse in pericolo, e l’ufficiale se n’è andato: “La mamma sapeva che Jesse era stata su internet, ma a lei sembrava che fosse tutto a posto”.
Il mattino dopo, al risveglio, quando Jesse scopre che ChildLine aveva trasmesso i dettagli delle sue confidenze con la polizia, appare subito fortemente devastata: la madre Heather ricorda che “era arrabbiata perché la sua fiducia era stata tradita e presto tutti i suoi amici avrebbero saputo di quella telefonata. Poi ha aggiunto che era stanca ed è tornata in camera sua chiedendo di poter saltare la scuola”.
Jesse quel giorno resta a casa, passa la giornata ascoltando musica e guardando la TV. Quella sera, sua mamma è uscita con un’amica, e solo al ritorno, salendo al piano superiore per darle la buonanotte, la macabra scoperta: Jesse si era impiccata.
Insieme al patrigno, la mamma riesce a tirarla via il cappio dal collo, e l’intervento tempestivo di un’ambulanza sembra poter fare il miracolo, ma Jesse non ha mai ripreso conoscenza ed è morta poche ore dopo, il 23 gennaio di quest’anno.
L’inchiesta ha ricostruito per intero la vicenda, appurando che l’adolescente aveva una storia di autolesionismo ed era piuttosto stressata dai ritmi imposti dallo “Scarborough Sixth Form College”. Durante il processo, Heather, la mamma, ha avuto parole dure per tutti: nessuno le aveva detto che sua figlia era a rischio suicidio. “È stata vittima di un impressionante catalogo di errori da parte di coloro che avrebbero dovuto aiutarla e sostenerla. E invece l’hanno condannata”.