MARIA LOPEZ
Un piano diabolico. A cui Chiara Alessandri, 43 anni, pensava probabilmente da mesi. Una donna abituata ad affidare al suo profilo Facebook l’immagine di una mamma sempre solare, visibilmente felice, ben inserita nel tessuto sociale della piccola e velenosa Gorlago, ma all’improvviso smette di postare, di condividere gattini, ricette e battute. Siamo ad ottobre. L’uomo della sua vita, il tecnico informatico Stefano Del Bello, il marito della donna che ha ucciso, Stefania Crotti, l’ha lasciata in modo categorico, senza appello, ed è tornato a vivere con la moglie. Crisi finita, un insperato lieto fine dopo due anni di separazione, sulle chat un tripudio di cuoricini, baci, tatuaggi reciproci e simbolici, anche con l’aiuto della psicologa.
E l’altra? Lasciata sola con tre figli, di cui una con problemi di disabilità, un ex marito reduce da una grave malattia, un fratello morto di overdose, una madre anziana che si era trasferita da Cecina in Lombardia, un lavoro massacrante, sveglia all’alba, i figli da accudire, i soldi per sopravvivere, gli anni che passano, il corpo appesantito, il problema di un'alopecia progressiva, le solite vacanze in alberghi miseri. Insomma, aveva tenuto in piedi la casa, da sola, sino ad allora, ma qualcosa si è rotto nell’equilibrio di questa donna che adora gli animali, i gatti, che rompe il silenzio su Facebook solo per postare un video dove alcuni elefanti vengono maltrattati. Capisce che con Stefano Del Bello, tornato quasi di botto in famiglia dopo tre mesi di convivenza, è passato l’ultimo tram. L’odio si concentra su Stefania Crotti, la moglie incolpevole e tradita platealmente da un marito inquieto e indeciso sino all’ultimo. In paese, 700 anime, tutti sanno tutto. Sanno della furibonda lite tra le due donne davanti a scuola, dove entrambe hanno i figli, con Stefania aggredita, indifesa, quasi muta, tendenzialmente incapace di affrontare la rivale. In paese tutti tifano per Stefania, che fu amica social di Chiara, con scambi recipoci di post e "mi piace" distribuiti su gatti e bambini: sono tutti contenti che Stefano si sia liberato finalmente di quel “donnone ingombrante” ed “esuberante”, a cui si era legato “in modo inspiegabile”. E l’odio guida, da quel momento in poi, ogni suo gesto.
DELITTO PIANIFICATO IN OGNI DETTAGLIO
Intanto pianifica il delitto. Martedì è il giorno in cui i figli sono affidati al padre, Massimo L. In casa non c’è nessuno: la madre abita non distante ma è ovviamente all’oscuro di tutto. Sa che Stefania non avrebbe mai accettato un “incontro chiarificatore con lei”, perché non aveva nulla da chiarire. Doveva parlarle dei suoi figli che “si erano affezionati a Stefano, che lo avevano visto come un padre e ora erano sconcertati e dispiaciuti”. Voleva dirle di “sparire, di togliersi di mezzo e di lasciarli vivere la loro vita”, come nella canzone del suo idolo, il cantante Fabrizio Moro. E dunque ucciderla, l’unico modo in realtà per eliminare un ostacolo insormontabile e soprattutto dare sfogo a una rabbia crudele e senza appello.
Addio Stefano, allora, addio ai tre figli, addio a tutto quella faticosa traballante impalcatura costruita anche per far credere agli altri di essere una donna realizzata e felice. "Con questa donna io ho cattivi rapporti e questa festa serve non solo a suo marito, che vuole riconciliarsi con lei, ma anche a me per chiarirmi. Se vede dove la stai portando e non viene, dev’essere per forza bendata. Se non vuole bendarsi non se ne fa niente", scrive ad Angelo P., il 4 gennaio.
CONDANNA A MORTE
La trappola era macchinosa ma venata da una certa genialità: Stefania e Stefano stavano vivendo una specie di seconda romantica luna di miele. Una donna sa per istinto se l’uomo di cui è innamorata si è liberato davvero di un’amante, e lei lo aveva prima perdonato e poi accolto senza remore o rimpianti. Non c’era più alcun bisogno di parlare con l’amante dal fisico appesantito e in affanno con la vita. Allora l’assassina escogita la “festa a sorpresa”. Scrive un biglietto con scritto “Ti amo”, convince Angelo, imprenditore di 62 anni, suo ex o ancora amante saltuario, ad andare a prendere al lavoro alle 15:30 Stefania, per organizzare la messinscena: lei bendata (se avesse visto dove la stava accompagnando sarebbe andata via, dunque niente trappola), il dono di una rosa, poi il breve viaggio sino a Gorlago, nella casa di Chiara. Quando l’inconsapevole complice se n’era andato, Stefania si è trovata di fronte l’assassina, armata di pinze e martello. Una morte atroce, una sequenza durata pochi minuti. “Non volevo ucciderla, volevo solo un chiarimento, lei mi ha aggredita, io l’ho spinta via, è caduta battendo la testa su uno spigolo, ho visto che era morta… ma non l’ho bruciata io”. Sulla sua auto tracce del sangue di Stefania, nel bagagliaio, sul volante, sulle portiere, e sotto il cadavere il martello e le pinze usate per uccidere. In carcere si è chiusa in un mutismo dopo la scarna confessione con carabinieri e pm. Sono stati ricostruiti gli ultimi messaggi. Uno, vocale, è per Angelo, alle 17:30 di martedì: “Per la festa è andato tutto bene”. Sì, tutto bene. Con la madre 42enne di una bambina di 7 anni massacrata e carbonizzata in una radura di Erbusco, lontano una ventina di chilometri.
MALDESTRO DEPISTAGGIO
Il piano prevedeva anche un maldestro depistaggio. Il telefono buttato nel greto di un torrente (ha indicato lei ai carabinieri il punto esatto ed è stato recuperato), le chiavi di casa e dell’auto lasciate nel parcheggio dell’azienda di Cenate Sotto sparite, come se fosse una fuga volontaria, il corpo bruciato come se ad agire fosse stato un maniaco. Demenziale e straordinariamente ingenua, perché Chiara Alessandri ha seminato di prove e indizi il suo cammino di neo-omicida: la sua auto filmata nei giorni precedenti ad Erbusco durante i sopralluoghi per trovare un luogo adatto a nascondere il cadavere, la geo-localizzazione del suo telefono, la regia dell’omicidio concordata con l’amico ora sotto choc per averla aiutata a uccidere.
E’ una storia che si chiude qui. Potranno emergere altri dettagli, magari ancora più inquietanti, forse anche l’ombra di un secondo complice, ma il tetro triangolo di Gorlago non ha più misteri. Resta la tragedia di quattro bambini, i tre dell’assassina, il quarto della vittima, rimasti senza genitori. Il più grande, F., è quasi un adolescente. Sono stati affidati al padre, mentre Martina, la figlia di Stefania, è con il padre. Lui è alle prese con profondi rimorsi, e non più visto con così tanta simpatia in paese come sino a poco tempo fa, quando si era liberato del “mostro”. Restare a vivere nella comunità non sarà comunque facile. Neanche per lui.
(ha collaborato Alberto C. Ferro)