“Giudichiamo questo silenzio irrispettoso non solo nei confronti delle Associazioni promotrici, ma soprattutto delle 60.000 persone che hanno sottoscritto la petizione; si chiede, pertanto, che il Provveditorato Regionale dell’Emilia Romagna, nella persona del suo Responsabile, voglia ricevere quanto prima le avvocate delle Associazioni promotrici unitamente a una delegazione di firmatarie”. Sono passati 20 giorni da questo appello che vuole il trasferimento del dermatologo Matteo Cagnoni, condannato all’ergastolo in primo grado per avere ucciso la moglie Giulia Ballestri nel settembre 2016, in attesa, per settembre, dell’appello in una cella del carcere di Ravenna dove è ritornato a novembre dopo un periodo trascorso alla Dozza di Bologna ma nessuna delle autorità coinvolte ha ritenuto di rispondere. Solo silenzio. Cagnoni a Bologna s’era trovato male e aveva fatto istanza per tornare a Ravenna, per facilitare “i suoi anziani genitori” nelle visite. I 60 mila firmatari dell’appello ritengono che sia stato “un affronto” alla città, alla famiglia di Giulia.
le Associazioni parte civile nel processo, Udi, Linea Rosa, Dalla parte dei minori e la Casa delle donne si erano immediatamente mobilitate con un comunicato stampa, in merito alle ragioni del trasferimento con un esposto al D.A.P. , al Provveditorato Regionale Emilia-Romagna, ai Garanti nazionale e regionale delle persone detenute, al Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza e ai Ministeri interessati: “Chiediamo con la presente di conoscere le motivazioni che hanno portato l’Amministrazione Penitenziaria alla decisione di trasferire il detenuto Matteo Cagnoni presso la Casa Circondariale di Ravenna e, alla luce delle considerazioni sopra esposte, chiediamo altresì che l’Autorità decidente voglia rivedere il relativo provvedimento disponendo il trasferimento del citato detenuto presso altra Casa Circondariale o Carcere o Centro clinico penitenziario idoneo a tutelare e garantire la salute dello stesso, in ossequio al principio di territorialità della pena oltre che di non discriminazione ma, soprattutto, nel rispetto dei diritti delle vittime del femminicidio di Giulia Ballestri: della madre, del padre, del fratello e dei tre figli minorenni, tutti residenti nella città di Ravenna”.
Le stesse Associazioni avevano partecipato alla fiaccolata del 12 dicembre 2018 “Nè disparità né privilegi. Per Giulia Ballestri. Per una giustizia uguale per tutti e tutte”. Su change.org, in poco tempo, erano state raccolte 60.000 firme. Ma solo solo il Garante per l’Infanzia di Bologna s’è riservato di convocare le organittrici, ma solo dopo la fine dei processi.