L’11 dicembre scorso, i 12 membri della giuria della “County Court” dello stato di Victoria, in Australia, si erano pronunciati con voto unanime sulla colpevolezza del cardinale George Pell, uno dei più stretti collaboratori di Papa Francesco, consigliere finanziario e ministro dell’economia vaticana. Il cardinale, 77 anni, è accusato di aver molestato due adolescenti che nel 1996 facevano parte del coro della Cattedrale di Saint Patrick, a Melbourne. Qualche tempo dopo, uno dei due ragazzi era stato aggredito in modo “indecente” nei corridoi della Cattedrale.
L’esito del verdetto è stato svelato solo in queste ore in base alla legge australiana, che prevede il veto assoluto di divulgazione della notizia fino all’inizio dell’udienza che stabilirà la condanna definitiva, prevista a breve.
George Pell si è sempre dichiarato innocente, e il suo avvocato ha annunciato l’intenzione di ricorrere in appello, ma per il porporato sarà inevitabile all’allontanamento da Roma, dove dallo scorso dicembre si era volontariamente dimesso dal C9, il Consiglio dei Cardinali istituito da Papa Francesco per la revisione della curia romana.
Il processo, iniziato nel 2017, è qualcosa di epocale: si tratta della più alta carica ecclesiastica mai giudicata da un tribunale. Rischia fino a 50 anni di carcere. Fra i tanti testimoni anche Peter Saunders, giovane vittima di abusi che aveva però deciso polemicamente di fare un passo indietro per protestare contro le reticenze vaticane a incriminare il cardinale. Solo uno dei due chierichetti vittime di George Pell, la cui identità è stata tenuta segreta, ha potuto testimoniare al processo: l’altro è morto per overdose nel 2014.
Secondo una recente indagine, oltre 4000 australiani hanno dichiarato di aver subito abusi fra il 1980 ed il 2015 all’interno di più di 1.000 istituzioni cattoliche.
Per volontà di Papa Francesco, dal 21 al 24 febbraio, in Vaticano si è svolto un incontro con presidenti delle conferenze episcopali di tutto il mondo incentrato sugli abusi sessuali compiuti da sacerdoti su bambini e adolescenti. Il Pontefice ha avuto parole molto dure contro il fenomeno, anche se al momento non è stata annunciata ancora nessuna misura concreta.
George Pell, classe 1941, nasce a Ballarat, nello stato del Victoria. Nel 1960 inizia gli studi sacerdotali al “Corpus Christi College” e tre anni dopo è chiamato a Roma, presso la “Pontificia Università Urbaniana”. Ordinato sacerdote il 16 dicembre 1966, si laurea in teologia e prosegue gli studi all’Università di Oxford, specializzandosi in Storia della Chiesa.
Nel 1971, al ritorno in Australia, assume diversi incarichi nella propria diocesi: il 30 marzo del 1987 è eletto vescovo di Melbourne e dieci anni dopo Papa Giovanni Paolo II lo nomina arcivescovo con pallio di metropolita. Nel 2003, Papa Wojtyla lo innalza alla dignità cardinalizia.
Durante il pontificato di Joseph Ratzinger viene proposto dal segretario di Stato Tarcisio Bertone alla direzione della congregazione dei vescovi, ma sul nome di Pell iniziano ad addensarsi nuvole scure per come ha gestito in patria alcuni casi di pedofilia. Il suo nome è finito al centro di un’indagine della Commissione nazionale d’inchiesta australiana in cui è accusato di aver omesso di collaborare con le forze dell’ordine insabbiando diversi casi di pedofilia avvenuti nell’arcidiocesi di Melbourne anche attraverso somme risarcitorie esigue, per scoraggiare le cause giudiziarie.