L’uomo senza nome e senza età vive di caccia con arco e machete ed è decisamente abile a costruire trappole che più volte sono state trovate dagli esploratori. Il soprannome deriva dal profondo buco trovato in ogni capanna che ha abbandonato. Originariamente si credeva che questi fori fossero usati per intrappolare animali o per nascondersi, ma alcuni osservatori hanno anche ipotizzato che potrebbero aver avuto un significato spirituale per la sua vecchia tribù.

Ma visto che dal 1996 - anno in cui fu avvistato per la prima volta - il mondo si è incuriosito fin troppo sull’eremita dell’Amazzonia, il “FUNAI” (Fundação Nacional do Índio), organizzazione governativa brasiliana per la protezione delle popolazioni indigene, l’ha messo sotto la propria tutela dichiarando off-limit i 8.092 ettari dell’area in cui vive, ribattezzata “Riserva indigena di Tanaru”. L’agenzia ha spesso lasciato attrezzi e semi per lui, con l’idea di instaurare un clima di fiducia, ma lui non si fida: secondo gli esperti deve aver vissuto esperienze drammatiche che hanno lasciato un segno profondo. “Il suo popolo è stato probabilmente massacrato dagli allevatori di bestiame che hanno invaso la regione. Sopravvive perché il territorio è ora, finalmente, adeguatamente protetto dalle autorità”.
Secondo le stime dell’ente, sarebbe di circa 130 il numero di tribù che vivono nel profondo della foresta amazzonica brasiliana, più un’altra ventina fra Bolivia, Ecuador e Colombia.