Di Marco Belletti
Ipazia (in greco antico Ὑπατία) è una importante matematica, filosofa neo-platonica, astronoma e insegnante di grande reputazione, nata ad Alessandria d’Egitto tra il 350 e il 370 e uccisa da una calca di cristiani in tumulto, diventando così nell’immaginario collettivo una delle prime martiri della libertà di pensiero. Secondo alcuni storici gli assalitori sono i cosiddetti monaci parabolani (Παραβολᾶνοι, Parabolánoi, coloro che rischiano la vita) membri di una setta che nella Chiesa delle origini si dedicano sotto giuramento alla cura degli appestati e alla sepoltura dei morti, sperando così di morire per Cristo.È lunedì 8 marzo 415 e Ipazia sta tornando a casa. È la più importante intellettuale della città, vero punto di riferimento per gli studenti, le autorità politiche e quelle religiose. È un periodo difficile e teso per la città, con il vescovo Cirillo in conflitto con il prefetto di Roma Oreste, e più di qualcuno è certo che sia proprio Ipazia a fomentare gli animi e a impedire la riconciliazione tra i due uomini.
Improvvisamente la sua lettiga è circondata da un gruppo di facinorosi, fanatici cristiani, che la assalgono, fanno uscire la donna con la violenza dalla portantina e la malmenano. Ipazia urla, si dimena, chiede aiuto ma gli assalitori sono troppi e viene trascinata via, fino al Cesareo, l’ex tempio di Augusto diventato la cattedrale dei cristiani. Qui le vengono strappate le vesti e lasciata nuda di fronte all’altare. Il capo di questi “cristiani”, Pietro, la percuote con una mazza ferrata mentre anche gli altri componenti del gruppo la colpiscono con pietre e cocci. Ipazia viene così scorticata fino alle ossa, è ancora viva quando le vengono cavati gli occhi, e la furia dei fanatici non si placa neppure con la sua morte, in quanto la donna viene letteralmente squartata a mani nude. Testa, braccia e gambe sono staccate dal corpo e gli esagitati si fermano solo quando della donna che era stata la saggia Ipazia d’Alessandria non restano che brandelli di carne e ossa frantumate, una poltiglia insanguinata che viene bruciata e incenerita per non lasciare traccia di una donna scomoda per la società maschilista dell’epoca.
Grazie al fatto di essere figlia del celebre filosofo Teone, Ipazia aveva frequentato già da bambina l’enorme biblioteca d’Alessandria e ancora ragazza diventa componente di spicco della scuola filosofica alessandrina. Storici e filosofi contemporanei raccontano che la sua cultura è immensa e la sua intelligenza tra le migliori dell’epoca, anche se nessun suo libro è giunto fino a oggi, probabilmente a causa dei tanti incendi che hanno distrutto la biblioteca. Anzi, qualche storico ritiene che la distruzione della biblioteca alessandrina potrebbe essere avvenuta nel 400, quando Ipazia è in vita.
Come scienziata formula alcune ipotesi sul movimento della Terra ed è quasi certo che abbia cercato di confutare la teoria tolemaica con la Terra al centro dell’universo. Pur facendo parte come filosofa della scuola neo-platonica, sembra sia stata quanto mai originale ed eclettica nell’esporre le sue opinioni. Decide di non convertirsi al cristianesimo, fatto quasi certamente fondamentale per la sua condanna a morte.
Gli storici affermano che è grazie a Ipazia e a suo padre se molti classici greci – come le opere di Euclide, Archimede e Diofanto, il matematico alessandrino padre dell’algebra – hanno avuto una significativa divulgazione, fino in Oriente da dove torneranno in Occidente molti secoli più tardi. Inoltre, la donna insegna e diffonde tra gli studenti del museo di Alessandria (a quel tempo la più importante istituzione culturale esistente) conoscenze matematiche, astronomiche e filosofiche.
Dopo che è stata trucidata nel nome della difesa della religione cristiana, Ipazia viene a lungo dimenticata. Il suo nome torna in auge solo nel periodo dell’Illuminismo, quando alcuni filosofi diffondono il suo pensiero e i suoi studi, sicuramente molto all’avanguardia per gli anni in cui ha vissuto: ora è considerata una martire dell’intransigenza fondamentalista ed è diventata il simbolo della libertà di pensiero e dell’indipendenza della donna.
La storia di Ipazia è emblematica di come i dogmi religiosi e ideologici sono acerrimi avversari della libertà di pensiero e della ricerca della conoscenza, e sono invece alleati di inconcepibili discriminazioni nei confronti delle donne. E pensare che tra la fine del quarto e l’inizio del quinto secolo Alessandria d’Egitto è uno dei centri culturali (e commerciali) più importanti dell’impero romano d’Oriente se non di tutto il mondo. Ed è, soprattutto, una città multietnica, abitata da popolazioni di diverse provenienze e religioni: a fianco dei greci – i più numerosi e politicamente influenti – anche egizi, giudei, arabi, siriani, persiani… Ipazia vive quindi in un ambiente che permette la crescita del suo spirito anticonformista e il suo desiderio di conoscenza, ambiente che tuttavia non la salva dall’odio di alcuni religiosi intransigenti.
Le notizie su Ipazia giunte fino a noi sono ricavate principalmente dall’opera dello storico Socrate Scolastico, contemporaneo della filosofa, che nella sua “Storia ecclesiastica” afferma: “Ad Alessandria viveva una donna di nome Ipazia. Era figlia del filosofo Teone. Ella giunse a un tale grado di cultura che superò di gran lunga tutti i filosofi suoi contemporanei, ereditò la scuola platonica che era stata riportata in vita da Plotino, e spiegava tutte le scienze filosofiche a coloro che lo desideravano”.
A causa della distruzione della biblioteca di Alessandria, non sono rimaste testimonianze dirette del suo pensiero e dei suoi esperimenti, che sono fortunatamente riportati nelle opere del padre e nei carteggi avuti con altri scienziati. Oggi è assodato che sono di Ipazia alcune teorie rivoluzionarie sui movimenti dei pianeti, dimostrate solo secoli dopo da Keplero. La donna mette in dubbio l’idea tolemaica che tutto l’universo ruoti intorno alla Terra, recuperando il sistema eliocentrico di Aristarco, sconfessato dagli errori di calcolo di Tolomeo. Ipazia si occupa anche di meccanica e tecnologia applicata e si pensa che abbia inventato l’astrolabio (per calcolare il tempo e la posizione di corpi celesti), il planisfero e l’idroscopio, strumento con cui si può misurare il peso specifico dei liquidi.
La società dell’epoca non è pronta né per le sue scoperte né per il suo modo comportarsi e secondo Socrate Scolastico l’autonomia, l’intraprendenza e l’immensa cultura rendono Ipazia ingombrante in un mondo dominato da uomini.
Uomini che giungono a massacrarla senza pietà per ridurla al silenzio e all’oblio.