di Marco Belletti
Secondo i dati diffusi in questi giorni, la produzione italiana – dopo due mesi consecutivi di crescita – a marzo segna il passo. Infatti al +1,8 per cento di gennaio e al +0,8 per cento di febbraio, il terzo mese del 2019 ha registrato un calo dello 0,9 per cento. Grazie ai primi due mesi dell’anno decisamente positivi, il livello medio della produzione industriale nel primo trimestre 2019 aumenta dell’1 per cento rispetto al trimestre precedente.
La diminuzione dell’indice a marzo è stata provocata dalle contrazioni in sei dei quindici comparti considerati dal panel: farmaceutici (-7,7 per cento), tessili e abbigliamento (-4,1 per cento), elettronica e computer (-2,9 per cento), mezzi di trasporto (-2,3 per cento), metallurgia e prodotti in metallo (-1,5 per cento), energia (-0,5 per cento).
Secondo Gian Primo Quagliano – presidente del Centro Studi Promotor, una struttura di ricerca (specializzata nel mercato dell’automobile) che collabora con istituzioni pubbliche di ricerca macroeconomica – la battuta d’arresto è stata piuttosto imprevista, dopo la stima sulla crescita dello 0,2 per cento del PIL nel primo trimestre diffusa dall’Istat il 30 aprile, ma sembra coerente con i segnali negativi che vengono dall’indicatore anticipatore determinato dall’Istat e dagli indicatori sul clima di fiducia delle imprese e dei consumatori che sono tendenzialmente in calo seppur con sporadici dati in controtendenza.
La rilevazione della produzione industriale è una indagine che considera le statistiche annuali elaborandole secondo metodi e classificazioni armonizzati a livello comunitario. La ricerca è condotta su tutte le sedi produttive locali delle imprese industriali con almeno 20 dipendenti e su un campione rappresentativo delle imprese più piccole, con almeno 3 addetti. I dati – elaborati sulla base delle informazioni diffuse dalle unità statistiche che hanno collaborato alla rilevazione – riportano, per singola voce merceologica, la quantità della produzione oltre a quantità e valore delle vendite.
A registrare un modesto aumento congiunturale sono i beni strumentali (+0,1 per cento) mentre si rilevano diminuzioni invece per i beni di consumo (-2,3 per cento), per l’energia (-0,4 per cento) e per i beni intermedi (-0,3 per cento).
A marzo, l’indice complessivo corretto per gli effetti di calendario (i giorni lavorativi sono stati 21, uno in meno rispetto a marzo 2018 è diminuito in termini tendenziali dell’1,4 per cento. Si segnala un aumento solo per i beni strumentali (+1,2 per cento). Si registrano invece cali per l’energia (-5,9 per cento), i beni intermedi (-1,9 per cento) e quelli di consumo (-1 per cento).
I settori di attività economica che registrano le variazioni tendenziali positive più rilevanti sono le attività estrattive (+5,7 per cento), la fabbricazione di apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso domestico non elettriche (+3,3 per cento) le industrie alimentari, bevande e tabacco (+2,7 per cento).
Le flessioni più evidenti si registrano invece nella fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-9 per cento), nella produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (-6,7 per cento), nella fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (-5,2 per cento).
Sempre secondo Quagliano, nonostante la crescita del PIL nel primo trimestre abbia scongiurato – almeno per il momento – l’entrata del sistema economico italiano in recessione conclamata, il quadro congiunturale del nostro Paese resta delicato e lo scenario più probabile per i prossimi mesi è quello di una sostanziale stagnazione.