Sei mesi fa, Boris Johnson celebrava la Brexit descrivendo la Gran Bretagna come la futura superpotenza del commercio globale. Ora il Paese rischia di perdere l’accesso all’enorme mercato comune della UE, del tutto incapace di stringere un accordo con gli Stati Uniti e sull’orlo di una lotta commerciale con la Cina.
Gli esperti temono che questo lascerà il Regno Unito più isolato di quanto non lo sia stato per decenni, poiché alle prese con una crisi economica e sanitaria senza precedenti e avviato verso la più profonda recessione di qualsiasi altra grande economia, per buona parte dovuta alla persistente incertezza della Brexit.
Johnson e altri sostenitori dell’uscita dalla UE hanno puntato molto sulle capacità di una Gran Bretagna svincolata dai lacci europei, libera di stringere accordi commerciali dettando le proprie condizioni. Ma ad un anno dall’entrata in carica di Johnson di accordi non c’è traccia, con il futuro del Paese sempre più avviato verso l’incertezza.
“State indebolendo il vostro rapporto con la UE - ha ammonito David Henig, ex negoziatore commerciale e direttore del progetto di politica commerciale del Regno Unito presso il Centro europeo per l’economia politica internazionale - e deboli sono anche le relazioni con la Cina e Hong Kong. State incredibilmente creando ulteriori barriere commerciali con molti dei vostri maggiori partner”.
Alla fine di gennaio, quando il Regno Unito ha ufficialmente lasciato l’Unione Europea, Johnson sprizzava fiducia: “Siamo pronti e attrezzati per entrare nel grande gioco multidimensionale del commercio, pronti a trattare anche più di una negoziazione alla volta”.
Più di sei mesi dopo, i colloqui con l’UE e gli Stati Uniti - i due maggiori partner commerciali della Gran Bretagna - sono vicini alla rottura, gettando nel dubbio il futuro economico del Paese. Il governo britannico non è riuscito a replicare molti degli accordi commerciali di cui godeva un tempo come membro della UE, trovandosi di fronte tariffe e altre barriere con almeno altri 19 paesi o blocchi in tutto il mondo. Secondo i dati del Dipartimento per il Commercio Internazionale, finora sono stati sottoscritti nuovi accordi che valgono solo l’8% del commercio totale del Regno Unito, compresi quelli con la Svizzera, l’Islanda, la Norvegia e la Corea del Sud.
Michel Barnier, capo negoziatore della Brexit per l’Unione Europea ha dichiarato che senza concessioni da parte del Regno Unito un accordo sembra “assai improbabile”. Il governo britannico non è stato finora disposto a cedere sulla questione della pesca, così come le norme per scongiurare la concorrenza sleale.
Per Mujtaba Rahman, amministratore delegato per l’Europa della società di consulenza “Eurasia Group”, “Il governo ha bisogno di poter vantare una vittoria dopo aver gestito malissimo la pandemia del Covid-19, ma tutto dipende dalla volontà di Johnson di scendere a compromessi, prima di far saltare i nervi anche a chi nel paese era a favore della Brexit”.
Malgrado gli annunci entusiasti da entrambe le sponde dell’oceano, Regno Unito e Stati Uniti hanno fatto pochi progressi su un accordo che avrebbe dovuto contribuire a compensare le barriere commerciali della UE. Il Financial Times ha riferito che secondo i vertici governativi americani un accordo globale è improbabile prima delle elezioni americane di novembre, dato che entrambe le parti continuano a discutere su questioni di lunga data come gli standard alimentari. Il dilemma è che se la Gran Bretagna cede nelle trattative con gli Stati Uniti su una questione come il cibo o le norme ambientali, rischia di scontrarsi con quanto è stato concordato con l’Unione Europea.
Sam Lowe, un ricercatore senior del Center for European Reform, pensa che Johnson e Trump potrebbero raggiungere un’intesa “che può essere considerata una vittoria politica”, anche se non sposterebbe l’ago della bilancia dal punto di vista economico. Perfino un accordo di libero scambio completo con gli Stati Uniti aggiungerebbe solo 4,3 miliardi di dollari all’economia britannica nei prossimi 15 anni.
Allo stesso tempo, il rapporto commerciale con la Cina, terzo partner commerciale della Gran Bretagna, è stato messo a repentaglio dalla recente decisione di bandire Huawei dalla rete di telecomunicazioni 5G. La mossa ha suscitato reazione e rabbia da parte di Pechino, che ha annunciato l’intenzione di fare tutto il necessario per proteggere i propri interessi e messo in dubbio i futuri investimenti delle proprie aziende.
“È un momento politicamente molto interessante per il Regno Unito, che per uscire dalla UE deve districarsi senza aiuti in un mondo fatto di superpotenze economiche in guerra tra loro”. L’importanza di raggiungere importanti accordi commerciali è stata amplificata dalla crisi scatenata dal coronavirus. La Gran Bretagna è in ritardo rispetto all’Europa nella ripresa, e le prospettive - anche in assenza di complicazioni commerciali - sembrano fosche: centinaia di migliaia di licenziamenti sono già stati annunciati, e milioni di altri posti di lavoro sono a rischio. L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico ha previsto che nel Regno Unito la produzione economica si ridurrà quest’anno più di qualsiasi altro paese sviluppato, e se mai ci fosse una seconda ondata la disoccupazione nel Regno Unito potrebbe raggiungere quasi il 15%. “La Brexit è un’ulteriore e pesante fonte di incertezza che le altre economie non hanno”.