Secondo la multinazionale di consulenza strategica “McKinsey”, il lascito della pandemia da coronavirus potrebbero essere quasi 60 milioni di posti di lavoro andati in fumo fra Unione Europea e Regno Unito. La società americana ha pubblicato un report secondo cui il tasso di disoccupazione nell’UE potrebbe salire dal 6 a più dell’11% e rimanere alto per anni se il virus non sarà contenuto molto rapidamente.
La McKinsey stima che un posto di lavoro su quattro sia a rischio di riduzione di ore e retribuzione: le professioni che non richiedono uno stretto contatto con il pubblico, compresi i contabili e gli architetti, sono considerate a basso rischio, insieme a quelle che forniscono servizi essenziali come le forze dell’ordine. Per contro, circa 55 milioni di persone svolgono professioni considerate ad alto rischio, tra cui cassieri, cuochi, operai, personale alberghiero e artisti.
Nello scenario in cui l’Europa non riesca a contenere il virus entro tre mesi e sia costretta a prolungare le misure di lockdown per tutta l’estate, il tasso di disoccupazione dell’UE raggiungerebbe entro il prossimo anno il picco dell’11,2%, con una ripresa difficile almeno fino al 2024.
La McKinsey consiglia ad aziende, imprese e governi di agire molto rapidamente per salvaguardare i posti di lavoro: la migliore strategia per le aziende è di ridurre i costi, separare i turni di lavoro e consentire quanto più possibile lo smart working. Da parte loro, i governi dovrebbero fornire garanzie sui prestiti, sgravi fiscali e salari garantiti per i lavoratori, misure che sono già in corso di attuazione in tutta Europa.
Il Regno Unito sta coprendo l’80% degli stipendi dei lavoratori per i prossimi tre mesi fino ad un massimo di 2.500 sterline al mese, e Germania e Francia hanno programmi simili. Il pacchetto di aiuti dell’Unione Europea include fino a 100 miliardi di euro di sussidi salariali volti a prevenire licenziamenti di massa, oltre a centinaia di miliardi di prestiti alle imprese e crediti per i governi.
“Salvaguardare i posti di lavoro a rischio di imprese altrimenti sane e produttive è l’imperativo: perdere quei posti di lavoro non solo rappresenta una tragedia a livello individuale, ma sarebbe anche molto doloroso dal punto di vista economico”.
Il mercato del lavoro statunitense è già in forte flessione, con circa 22 milioni di persone, pari a circa il 13,5% della forza lavoro, che dal 14 marzo hanno presentato le prime richieste di sussidio di disoccupazione. Il tasso di chi è senza lavoro è salito al 4,4% da un minimo storico del 3,5% registrato lo scorso febbraio, e secondo le previsioni dovrebbe raggiungere fra il 15 ed il 20% entro il mese di aprile.
L’occupazione negli Stati Uniti è scesa più velocemente e più profondamente durante la crisi finanziaria globale del 2008 rispetto all’Europa - osserva la McKinsey - molto probabilmente perché le regole del mercato del lavoro in America sono più flessibili. Il mercato del lavoro statunitense, tuttavia, si è ripreso molto più rapidamente, con un ritorno dell’occupazione ai livelli pre-crisi raggiunto nel 2014, mentre all’Europa sono serviti altri due anni per arrivare allo stesso risultato.