L’irritazione di Pechino per le proteste di Hong Kong è sempre più palpabile. Dopo 12 settimane di manifestazioni e violenze di piazza, culminate con oltre 800 arresti, la leader Carrie Lam ha ribadito la propria volontà di aprirsi al dialogo con i manifestanti, ma per contro ha escluso le proprie dimissioni e promesso tolleranza zero.
Ma ad innalzare le tensioni ci hanno pensato due arresti eccellenti, quelli di Joshua Wang e Agnes Chow, giovanissimi leader della “Rivoluzione degli ombrelli” e fondatori del partito “Demosisto”. La notizia, rivelata dal “South China Morning Post”, parla di un’irruzione della polizia nelle loro abitazioni, dove sono stati prelevati con l’accusa di aver organizzato il 21 giugno scorso “un’assemblea illegale”, quella che ha dato il via alla lunga catena di proteste per chiedere la completa cancellazione della legge sull’estradizione. Una richiesta che è stata accolta qualche settimana dopo, ha ricordato Carrie Lam, ma che non è bastata ai manifestanti, che pretendono le sue dimissioni. Agli arresti è finito anche Andy Chan, 28 anni, leader dell’Hong Kong National party: è stato bloccato all’aeroporto, poco prima di imbarcarsi su un volo diretto in Giappone, e le accuse per lui parlano di rivolta e aggressione a pubblico ufficiale.
“Il nostro segretario generale Joshua Wong è stato arrestato questa mattina intorno alle 7:30 – ha confermato in un tweet il partito Demosisto – è stato spinto con forza su un minivan privato in piena luce del giorno. I nostri avvocati stanno seguendo il caso”. In realtà, ricordano i media, Joshua Wong era già stato arrestato, uscendo di prigione il 17 giugno scorso dopo due mesi trascorsi in cella, e anche se accolto come un simbolo della protesta, le nuove leve dei manifestanti hanno fatto capire di non aver bisogno di un leader, preferendo le azioni spontanee ai discorsi in piazza per arringare le folle. Ma una foto che li mostra mentre escono dal consolato americano di Hong Kong, li ha trasformati in una prova dell’ingerenza americana nella questione e comunque due voci pericolose da ridurre al silenzio.
Intanto, l’imponente manifestazione prevista per il 31 agosto, è stata cancellata dal “Civil Human Rights Front” dopo la decisione delle autorità di non concedere l’autorizzazione: “Non abbiamo altra scelta che annullare la marcia: chiediamo scusa, continueremo a chiedere alle autorità l’autorizzazione per nuove manifestazioni. SI tratta di una violazione dei diritti umani più elementari verso la popolazione di Hong Kong: di questo sistema non è possibile fidarsi”, ha comunicato la coordinatrice Bonny Leung. Ma questo, ripetono in tanti, potrebbe non impedire ai manifestanti di scendere comunque in piazza, anche perché la data del 31 agosto è un simbolo della protesta: è il quinto anniversario della legge che ha assegnato a Pechino la possibilità di scegliere la guida politica dell’ex colonia inglese.