Colpevoli di omicidio: il tribunale penale di Dublino ha chiuso settimane di udienze, seguitissime dai media e dall’opinione pubblica irlandese. La condanna è stata inflitta a due 14enni, che entro il 15 luglio sapranno quanti anni dovranno restare in carcere. Indicati dalla corte come “Boy A” e “Boy B” per via della giovane età, i due sono stati giudicati colpevoli dell’omicidio di Ana Kriégel, una loro amica e coetanea: una morte che i periti hanno descritto come terribile: nel maggio dello scorso anno, Ana fu rapita, picchiata, torturata e violentata prima di essere uccisa. Il corpo seminudo fu ritrovato tre giorni dopo alla Glenwood House, un casolare abbandonato di Lucan, alla periferia di Dublino: aveva una corda intorno al collo.
Le indagini hanno permesso agli inquirenti di ricostruire la dinamica dell’omicidio, con scene degne di un film dell’orrore: Ana fu prima vittima di Boy A che dopo averla picchiata procurandole ferite alla testa e al collo, finì per violentarla con estrema violenza. Boy B è accusato di aver attirato Ana sul luogo dell’agguato, consapevole di ciò che le sarebbe accaduto, e successivamente di aver tentato di coprire il compagno. Erano stati i genitori a lanciare l’allarme non vedendo rientrare Ana: hanno raccontato di essere preoccupati anche prima, quando la loro figlia aveva insistito per uscire con ragazzi che non conoscevano e che non facevano parte della sua piccola cerchia di amicizie. Circa 45 minuti dopo, i genitori erano già sulle tracce di Ana, ma troppo tardi: era già morta.
Un medico patologo forense ha identificato oltre 50 lesioni sul corpo della studentessa, individuando in un violento colpo fra testa e collo la causa della morte.
Schiaccianti le prove trovate dalla polizia: in casa di Boy A uno zaino contenente quello che è stato definito il “kit dell’omicidio”, con una maschera da zombie, guanti, parastinchi e ginocchiere. A smentire le parole dei due il sangue di Ana trovato sugli stivali e macchie di sperma sugli abiti della ragazzina che contenevano il DNA di Boy A.
Tornato a casa, il giovane aveva giustificato le ferite e il sangue dichiarando ai genitori di essere stato aggredito da due sconosciuti in un giardino pubblico.