Elisabetta e le leggi «ad personam»

| Un’inchiesta giornalistica, con tanto di documenti scritti, svela che negli anni 70 gli avvocati della regina avrebbero fatto pressioni per escludere i sovrani dalla norma sulla trasparenza finanziaria

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Si intitola “Queen’s content”, l’inchiesta del quotidiano inglese “Guardian” che sta gettando un’ombra scura sulla leggendaria figura di Elisabetta II. L’inchiesta comprende una serie di rivelazioni secondo cui negli anni 70, i legali della sovrana avrebbero fatto pressioni sul governo per fermare una legge che avrebbe obbligato la Royal Family a rendere pubbliche le proprie immense fortune.

Dall’ufficio stampa di Buckingham Palace è arrivata la secca smentita: “Si tratta di notizie semplicemente inesatte: il così detto ‘Queen’s consent’, il consenso reale alla discussione in Parlamento, ha una valenza puramente formale. Il ruolo dei sovrani del tutto marginale, e il consenso è sempre accordato dal monarca”.

Non è così secondo quanto rivela l’inchiesta di David Pegg e Rob Evans pubblicata sul Guardian e scaturita dopo che i due giornalisti investigativi hanno scoperto negli archivi nazionali alcuni documenti secondo cui nel 1973 Matthew Farrer, avvocato personale della regina, avrebbe svolto pressioni sui ministri per modificare la proposta di legge, omettendo i capi di stato dall’obbligo di trasparenza finanziaria. Sfruttando la norma, Elisabetta sarebbe riuscita a nascondere azioni e investimenti personali fino al 2011.

Ancora oggi, la cifra esatta delle ricchezze della regina e della Royal Family restano avvolte in un mistero accompagnato da voci e leggende.

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