Ha come epicentro il nome di Carl Beech, 51 anni, ex infermiere, uno dei più grandi casi di pedofilia nella storia giudiziaria del Regno Unito. Nel 2014, Beech si era rivolto alla polizia per denunciare di aver subito atti sessuali, oltre ad essere stato costretto ad assistere a molti altri. Nella denuncia, che parla di fatti accaduti fra gli anni Settanta e gli Ottanta, l’uomo faceva anche nomi e cognomi, quasi tutti personaggi di spicco, secondo il suo racconto membri di una cerchia segreta di pedofili d’alto profilo che spesso organizzavano feste che culminavano in orge e perfino omicidi.
Di colpo, finiscono nella gogna mediatica l’ex capo dell’MI6 Maurice Oldfield, l’ex alto ufficiale dell’esercito Lord Bramall, l’ex ministro degli interni Edward Heath e gli ex parlamentari Leon Brittan, Greville Janner e Harvey Proctor, più diplomatici sauditi e perfino Raymond, il suo patrigno.
Rivelazioni pesanti e sconvolgenti, ritenute “altamente credibili” dalla polizia, che avevano indignato l’opinione pubblica e scatenato la magistratura con l’apertura della “Operation Midland”, una vasta inchiesta che aveva il compito smascherare e smantellare la cerchia. Ma dopo due anni di indagini, nel 2016, la squadra non ha ancora trovato neanche uno straccio di prova, e qualcosa inizia ad insospettire gli investigatori, che concentrano tutte le loro attenzioni sullo stesso Beech: è sufficiente una perquisizione del suo appartamento per portare alla luce una collezione di foto e video pedopornografici conservati su due computer e un tablet. Da accusatore, Carl Beech si ritrova nella più scomoda veste di accusato: viene accusato di calunnia, false dichiarazioni, possesso di materiale pedopornografico e pedofilia. Il giudice ha definito l’ex infermiere “un manipolatore, un uomo dall’intelligenza diabolica, subdolo e scaltro, autore di una manipolazione del sistema giudiziario inglese senza precedenti”.
“Le sue azioni hanno distrutto la reputazione di illustri ex dipendenti pubblici non più in vita, accusati senza motivo di stupro, tortura e omicidio. L’angoscia, la rabbia e il danno causato alle persone accusate e alle loro famiglie, alcune delle quali sono morte durante il processo, sono state di proporzioni immense”. Tutto questo, ha svelato il giudice Goss, perché Beech puntava al risarcimento in denaro, di cui una parte era già destinata all’acquisto di una Ford Mustang.
Beech era arrivato perfino a dare “false speranze” alla famiglia di Martin Allen, un ragazzino scomparso nel 1979, affermando che era uno dei tanti ragazzini finiti nella rete dei pedofili. E per rendere ancora più atroce il racconto, l’ex infermiere aveva svelato che “The Group”, come chiamava una banda composta da una ventina di uomini spietati, avesse investito e ucciso un ragazzo di nome Scott di fronte a lui. Ma Scott, semplicemente, non è mai esistito.
Harvey Proctor, uno degli accusati ancora in vita, ha commentato con amara ironia di aver trovato “straordinario” che la polizia abbia creduto alle “false e incredibili accuse” che a lui sono costate famiglia, casa e lavoro, costringendolo anche a lasciare il Regno Unito: nei confronti di Beech, ha concluso l’ex deputato, “provo solo un sentimento di gelido disprezzo”. Carl Beech è stato condannato a 18 anni di reclusione.