Sono le ultime ore di Vincent Lambert, il tetraplegico francese che è diventato un caso capace di dividere in due la Francia, dopo aver tracciato un solco netto nella sua famiglia: da una parte, a favore dell’eutanasia, c’è sempre stata la moglie Rachel, il nipote e sei fratelli dell’uomo, convinti dell’inutilità dell’accanimento terapeutico, dall’altra un altro fratello e una sorella, ma soprattutto Pierre e Viviane Lambert, i genitori, che hanno fatto di tutto per strappare Vincent alla morte decisa nei tribunali.
Ma saranno loro a vincere: il 2 luglio scorso, Vincent Sanchez, capo del reparto di cure palliative dell’ospedale “Chu” di Reims, ha dato ordine di praticare una “sedazione profonda e continua” interrompendo i trattamenti di nutrizione e idratazione che da dieci anni tengono in vita l’ex infermiere di 42 anni, vittima di un incidente stradale nel 2008. Una decisione che fa appello alla legge sul fine vita in vigore in Francia dal 2006, che evita di parlare di eutanasia o suicidio assistito, ma semplicemente parla di autorizzazioni previste di fronte a casi di “ostinazione irragionevole”.
Sono gli stessi genitori ad aver annunciato che la morte di Vincent “è ormai inevitabile: non lo accettiamo, ma possiamo solo rassegnarci. Questa volta è finita. I nostri avvocati hanno moltiplicato i ricorsi per far rispettare la sospensione davanti all’Onu, ma invano”. Annunciano anche di aver sporto denuncia contro il medico per “assassinio premeditato”. Parole accompagnate da manifestazioni spontanee organizzate in tutta la Francia che chiedono di risparmiare la vita a Vincent.
Un epilogo che arriva dopo una lunga battaglia legale, culminata il 28 giugno scorso con la decisione della Corte d’Appello di Parigi, che aveva ribaltato la decisione della Cassazione del 20 maggio di riprendere i trattamenti, interrotti in quelle stesse ore.