Erano le 23 dall’altra parte della Manica, mezzanotte nel resto d’Europa, quando sono risuonati i rintocchi delle campane forse più importanti nella lunga storia del “Big Ben”, ancora impacchettato dai lavori di restauro. A quell’ora, in modo ufficiale e definitivo, il Regno Unito non ha festeggiato solo l’addio ad un anno difficilissimo, ma soprattutto l’uscita definitiva dall’Unione Europea con la conclusione del periodo di transizione.
SI chiude una storia iniziata 47 anni fa con la comunità e interrotta dalla Brexit: un viaggio lungo e tormentato cominciato da un referendum 4 anni e mezzo fa e chiuso dall’accordo approvato per acclamazione dalla Camera dei Comuni e sottoposto ad assenso della Regina, costretta a fare le ore piccole.
In mattinata, a precedere Westminster, Londra e Bruxelles avevano raggiunto un accordo anche su Gibilterra, la rocca sospesa fra Spagna e Inghilterra che aveva votato quasi all’unanimità per restare nella UE. Gli abitanti dell’enclave avranno possibilità di muoversi senza controlli d frontiera.
Un traguardo raggiunto senza bagni di folla, con l’incubo dell’ossessivo messaggio “Stay at home” a incombere sui cittadini per colpa di una pandemia che mercoledì ha macinato 1.000 vittime e 50mila nuovi contagi.
Non mancano le voci critiche al primo giorno fuori dall’Europa, come quella di Philip Stephens, che in un editoriale sul “Financial Times” ieri ammoniva: “Da domani inizia il secondo atto della Brexit: dopo aver consumato la rottura con l’Unione Europea, il Regno Unito rischia di andare in pezzi”.
Il riferimento è alla Scozia, al Galles e all’Irlanda del Nord, Paesi attraversati da crescenti fremiti europeisti. Fra le prime a promettere battaglia la premier scozzese Nicola Sturgeon, che su Twitter ha postato una foto del Big Ben accompagnata dalla frase “Europe Scotland”. Non è da meno l’Irlanda del Nord, che vuole ricongiungersi alla Repubblica d’Irlanda e subito dopo uscire dall’orbita di Londra. Per finire con il Galles, dove aveva stravinto il “remain” e ora si respira aria di autonomia.
A dare un volto alla situazione è stato l’Economist, con una vignetta che ritrae il Regno Unito come una piccola isola in mezzo al mare, con un titolo che è una domanda assai comune: quale sarà il nostro ruolo nel mondo?