di Marco Belletti
Il 23 giugno 2016 è stato il giorno in cui, al referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea, il 51,89 per cento dei cittadini britannici ha votato a favore dell’uscita. E il 29 marzo 2019 è invece la data in cui è fissata l’effettiva entrata in vigore della Brexit.
In questi giorni (davvero convulsi), i pochi che mancano alla fatidica data, si continuano a sentire voci dai toni molto differenti: per alcuni è giusto e fondamentale per i cittadini britannici uscire dall’Europa, per altri invece è lo sbaglio più grande che i sudditi della regina Elisabetta possano fare. In pratica - un po’ come capita da noi in Italia con la TAV - c’è chi dice che la Brexit sia un vantaggio per gli inglesi, chi invece che sia la loro morte commerciale, altri ancora predicano come una novella Cassandra declamando i nomi delle nazioni, al di qua e al di là della Manica, che pagheranno le conseguenze peggiori.
Secondo le stime dell’Istituto della Germania per lo sviluppo (DIE), il Paese che pagherà le conseguenze più gravi per la Brexit non è in Europa: secondo gli esperti tedeschi sarà la Cambogia.
Al giorno d’oggi lo stato asiatico invia nel Regno Unito il 7,7 per cento delle sue esportazioni: questo elevato valore lo rende particolarmente vulnerabile nel caso il Regno Unito dovesse tornare alle regole dell’Organizzazione mondiale del commercio, quindi con una hard Brexit.
In qualità di componente dell’Unione Europea il Regno Unito è soggetto al trattato “Everything but Arms” (EBA) e al sistema di preferenze generalizzate (SPG) del nostro continente, che abrogano o riducono i dazi sulle esportazioni verso l’UE per i Paesi in via di sviluppo. Le 49 nazioni meno sviluppate del mondo usufruiscono dell’EBA, con una rinuncia ai dazi di ingresso da parte dell’UE per il 99 per cento dei prodotti in arrivo. Per la Cambogia l’aumento delle tariffe, dei dazi e altri ostacoli economico-finanziari potrebbero far calare il PIL reale dello stato di oltre l’1 per cento con una conseguente diminuzione dei consumi delle famiglie pari a quasi l’1,5 per cento. Come dire, in uno stato già povero la situazione peggiorerebbe ulteriormente.
I ricercatori della DIE concludono la loro indagine affermando che, qualunque sia l’esito finale dei negoziati e quale che sia la modalità con cui verrà attivata la Brexit, il Regno Unito dovrebbe trovare un sistema per ridurre gli effetti negativi nei confronti degli stati più vulnerabili dal punto di vista economico.