La Brexit è ormai come uno di quei film in cui mancano pochi secondi perché qualcuno che conosce il codice eviti di far saltare in aria la bomba. Ma non è detto che ce la faccia.
Londra e Bruxelles trattano a oltranza, ma ammettono a denti stretti che le posizioni non si ammorbidiscono e nessuno arretra. Quando mancano ormai una manciata di ore all’inevitabile “no deal”.
E i segnali che arrivano dal Regno Unito tradiscono un senso di rassegnazione che ieri si è trasformato in lunghe code di tir fra Folkestone e Dover, i punti di ingresso nel Regno Unito per treni e traghetti che attraversano la Manica. Un antipasto, secondo alcuni, del caos che scatterà un minuto dopo la mezzanotte del 31 dicembre prossimo, quando l’uscita del Regno Unito dall’orbita UE sarà definitivo, in qualunque caso.
A complicare una situazione già pesante, si è messo anche un rapporto del Parlamento britannico, che ha avvertito il 10 di Downing Street: il Regno Unito non è preparato all’uscita dal mercato unico europeo e dall’unione doganale. Il presidente della commissione, Hilary Benn, ha sottolineato che “il governo non è ancora in grado di dire con certezza a imprese, commercianti e cittadini cosa succederà ai settori coinvolti. Le imprese che esportano verso la UE avranno a che fare con più carte da compilare e costi supplementari, a prescindere da ciò che sarà negoziato in questi giorni”.
È necessario, ribadisce il rapporto, “preparare misure solide per affrontare l’emergenza: il rischio è il peggior inizio anno possibile in un periodo reso già complicato dalla pandemia”.