Forse consigliato da suoi collaboratori, perché nella vita non si sa mai, Boris Johnson ha scelto il basso profilo per festeggiare la definitiva uscita della Gran Bretagna dall’odiata UE. Alcuni fari con i colori inglesi, bianco, rosso e blu, illumineranno le facciate degli edifici governativi di Whitehall, mentre il countdown sarà proiettato sui muri del numero di 10 di Downing Street. Al contrario, deciso a far più rumore è Nigel Farage, ideologo dei “Brexiteer”, che ha invitato i fan a unirsi alla “Brexit Celebration”.
In realtà, il 31 gennaio non è una fine, ma l’inizio di un percorso a ostacoli che si prevede durissimo e pieno di insidie, anche interne. Londra dovrà vedersela con lo spirito europeista che ancora continua a battere in Scozia e Galles, oltre ad una parte dell’Irlanda, che resta in Europa. La data del 31 gennaio è puramente formale: gli attuali trattati con il resto dei Paesi UE resteranno in vigore fino alla fine del prossimo dicembre, ma in compenso i rappresentanti del Regno Unito non avranno più diritto ad accedere all’interno delle istituzioni europee.
Secondo alcune indiscrezioni della stampa inglese, BoJo sarebbe intenzionato a proporre un rapporto di libero scambio, sulla scorta di quello stipulato dal Canada, ma a Bruxelles serpeggia il timore che non ci sarà tempo sufficiente per realizzarlo, riaprendo l’ipotesi di una rottura definitiva, questa volta dai toni drammatici e le conseguenze difficili da valutare. Sul tavolo molti altri capitoli spinosi come la sicurezza e la cooperazione fra le forze di polizia e le intelligence, l’istruzione, l’energia.
Alla mezzanotte si oggi si chiude comunque una storia di amore-odio complicata che si trascina da 47 anni: il Regno Unito era entrato nei confini della UE nel 1973, accompagnato da un’economia stagnante e un Pil asfittico, e ne esce quasi mezzo secolo dopo come la quinta economia mondiale, la cui economia si basa fortemente al commercio con l’Europa. In realtà, ricordano tanti storici in queste ore, gli inglesi avevano preteso di entrare senza sposare nulla del resto d’Europa: propria moneta, proprio sistema di misura e la guida a destra. Più che un matrimonio è stata una convivenza difficile.